Gaspare Mutolo: vi racconto la mia mafia, e il progetto rapimento Berlusconi

Mutolo scortato ad un processo

Intervista Shock concessa da Gaspare Mutolo a Vanity Fair. “Negli anni ’70 dovevamo rapire Berlusconi. Manco sapevo che si chiamava così. Ci avevano detto: quello di Milano 2‘ “. Oggi il pentito di mafia, il primo che ha collaborato volontariamente pur facendo parte della mafia “vincente”, ha finito di scontare la pena, e si dichiara uomo nuovo di fronte alla Giustizia, come da tempo aveva deciso di essere. “Sono stato un rapinatore, un mafioso, ho trafficato droga, partecipato a sequestri. Poi ho scelto di collaborare: ho fatto seicento nomi, spiegato centocinquanta omicidi, raccontato i legami tra la mafia e la magistratura, la polizia, la politica. Oggi ho pagato il mio conto, fino in fondo”. Ma cosa aveva mai fatto scattare questa singolare “scintilla” nella sua mente, nel suo animo? Forse, la conoscenza del giudice Giovanni Falcone: “Uno che capiva. Ho scelto lui per passare dall’altra parte. Poi, morto lui, ho voluto parlare solo con Borsellino. Fino al suo penultimo giorno di vita”. Ma vediamo le confessioni che oggi esterna anche al grande pubblico, quello dei lettori di settimanali. Come e perché avevano deciso di mandare un commando di 18 uomini a rapire Berlusconi, negli anni ’70? “Allora il capo dei capi era Gaetano Badalamenti e aveva proibito i sequestri in Sicilia. Non c’era problema, con tutti i ricchi che stavano al Nord. Allora li facevamo in Lombardia, roba pulita: mai donne e bambini, niente orecchie tagliate, niente sangue. Trattativa, pagamento, restituzione. Eravamo in 18 per rapire Berlusconi, c’era anche Contorno (Totuccio Contorno, ruolo chiave nella mafia palermitana dagli anni ’70, e dall’84 pentito cruciale nei maxiprocessi sulla mafia italiana e newyorkese, n.d.r.). Poi arrivò il contrordine”. Fu anche autista di Totò Riina, nella sua lunga “carriera in mafia”, e lo ricorda così: “E’ peggiorato col tempo. E’ diventato un dittatore sanguinario. Quando ha cominciato a far ammazzare per niente, a far ammazzare le donne incinte, è stata la fine di tutto. Io ho fatto molti errori, ma cose così mai”. Si dice, insomma, rappresentante della mafia “bene”, che sarebbe sempre esistita, e che a suo modo avrebbe seguito sempre ideali di lealtà morale cui restare fedeli, come il rispetto della malattia, dell’infanzia, della dignità umana. Chi può dirlo.

Sandra Korshenrich