L’aula del Palazzo di Giustizia di Torino è la più “calda” dell’intera giornata giudiziaria. E’ qui che il pentito Gaspare Spatuzza sta rendendo le sue dichiarazioni nel corso del processo contro il senatore Marcello Dell’Utri, già condannato a 9 anni in primo grado per associazione esterna di stampo mafioso.
Il collaboratore di giustizia ha iniziato la sua deposizione con la descrizione dell’incontro avuto nel ’94 al Bar “Doney” di Via Veneto a Roma, con il boss Giuseppe Graviano (tra gli autori delle stragi di Capaci e di Via D’ Amelio). Siamo alla viglia del mancato attentato allo Stadio Olimpico della Capitale e Graviano, racconta Spatuzza: “aveva un atteggiamento gioioso, come chi ha vinto all’enalotto o ha avuto un figlio”.
“Ci siamo seduti – continua il pentito – e disse che avevamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo e questo grazie alla serietà di quelle persone che avevano portato avanti questa storia, che non erano come quei quattro “crasti” (furbetti in dialetto siciliano, ndr) socialisti che avevano preso i voti dell’88 e ’89 e poi ci avevano fatto la guerra”.
Spatuzza passa poi alla parte più delicata: “Mi vengono fatti i nomi – riferisce – di due soggetti: di Berlusconi…, Graviano mi disse che era quello del Canale 5, aggiungendo che di mezzo c’è un nostro compaesano, Dell’Utri. Grazie alla serietà di queste persone – prosegue Spatuzza, riportando le parole di Graviano – ci avevano messo praticamente il Paese nelle mani“.
Nel corso dello stesso incontro, ricorda ancora Spatuzza, Giuseppe Graviano spiegò il motivo per cui l’attentato allo Stadio Olimpico di Roma (che poi fortunatamente fallì) non poteva essere annullato: “L’attentato si deve fare a tutti i costi, così – avrebbe spiegato il boss palermitano allo stesso Spatuzza – gli diamo il colpo di grazia”.
Ma le dichiarazioni di Spatuzza chiamano in causa anche un altro partito protagonista della scena politica di qualche decennio fa. “Nell’87 – ha continuato il pentito – Giuseppe Graviano mi disse che dovevamo sostenere i candidati socialisti alle elezioni. All’epoca il capolista era Claudio Martelli. A Brancaccio facemmo di tutto per farli eleggere e i risultati si videro: facemmo bingo”.
Spatuzza ha inoltre spiegato che il motivo che lo ha indotto a collaborare con la giustizia è stato il risultato di un lungo percorso spirituale che lo ha accostato alla teologia e lo ha portato a scegliere “tra Dio e Cosa nostra“.
Maria Saporito