L’opinione pubblica nostrana è ormai abituata alle dichiarazioni fuori luogo rilasciate più volte negli ultimi anni da Silvio Berlusconi. La novità rappresentata dalla polemica politica sorta negli ultimi due giorni intorno alle parole di Berlusconi, che ha attaccato i magistrati definendoli un “partito politico”, sta nell’atteggiamento assunto nelle ore successive proprio dal premier.
Di fronte alla preoccupazione espressa del Capo dello Stato ed anche dal Presidente della Camera, ci si sarebbe aspettato da parte del Presidente del Consiglio il solito chiarimento fatto di mezze scuse e note concilianti rilasciate da Palazzo Chigi.
Stavolta no. Stavolta Berlusconi ha deciso di andare fino in fondo, costi quel che costi, mettendo da parte il sorriso a trentadue denti e dando sfoggio di tutta l’aggressività politica di cui è capace.
Per due volte Fini gli ha chiesto di ritornare sulle sue dichiarazioni, per evitare pericolosi “fraintendimenti”, e per due volte il premier lo ha ignorato, dicendosi stanco delle “ipocrisie” del Presidente della Camera; è un segno che il dialogo fra i due padri fondatori del PdL, se mai è esistito, è rotto definitivamente. Berlusconi si è eletto a padre-padrone del partito, se a Fini non sta bene che si accomodi fuori.
Ma ancora più determinata è la risposta che il Presidente del Consiglio ha riservato a Napolitano che, nella nota rilasciata ieri sera, chiedeva al premier di chiarire le sue dichiarazioni di Bonn, per evitare che si potesse pensare che stesse mettendo in discussione le istituzioni che sono alla base della Repubblica Italiana. “Napolitano pensi – ha risposto Berlusconi – all’uso politico della giustizia contrario alla democrazia e alla libertà”.
E suona tanto come un “me ne frego“.
Perché se lo Stato non si adatta alle pretese di Berlusconi lui è pronto a cambiare lo Stato. A partire dalla Costituzione. “E’ vecchia – ha detto il premier – la cambieremo. Le modifiche le porteremo avanti comunque (anche senza l’opposizione, ndr)”.
L’idea di Stato che ha in mente il Presidente del Consiglio è fin troppo chiara: già con il “Porcelllum” e il maggioritario si era acuito il divario fra la società reale e la politica e adesso, in questi mesi, con l’abuso dei voti di fiducia e dei decreti, il Governo ha svuotato il Parlamento di qualunque utilità, costringendolo, per la prima volta nella storia della Repubblica, a chiudere per “mancanza di lavoro”. Come se non bastasse tutti i fedeli uomini del Presidente ripetono da tempo, in ogni occasione utile, che Berlusconi può governare come vuole perché è stato eletto dalla maggioranza degli italiani.
Un’assurdità priva di fondamento attorno a cui ruota tutto l’attacco del premier contro lo Stato. Innanzitutto perché, al contrario di quanto sogna Berlusconi che considera il Parlamento, e la democrazia, un inutile ingombro, la Repubblica Italiana prevede che il popolo elegga i suoi rappresentanti in Parlamento che, a loro volta, concedono la fiducia al premier. Inoltre per quanto Berlusconi possa permettersi di fare il padrone del Paese, grazie al maggioritario e al bipolarismo voluto anche dal PD, il suo partito è stato votato solamente dal 28,9% degli italiani.
Mattia Nesti