LONDRA – “Io sono un cervello, Watson: il resto di me è una semplice appendice”. Lente d’ingrandimento e mantella a quadri? Macché: il nuovo Sherlock Holmes cinematografico di Guy Ritchie, interpretato con ironia irresistibile da Robert Downey Jr., è approdato nei cinema per smentire una delle sue frasi più celebri: il campione della logica ferrea, l’acuto osservatore cui nessun dettaglio poteva sfuggire, è diventato un uomo d’azione. Accompagnato da un affascinante Jude Law -che ha preso il posto dell’occhialuto e goffo Watson con la bombetta – il nuovo Holmes è un esperto di arti marziali che picchia (e picchia duro!), districandosi fra inseguimenti e attentati dinamitardi con un’agilità da vero stunt-man.
La pellicola – che sarà sui nostri schermi il 25 dicembre – è stata presentata oggi a Londra. Il kolossal che fa fare il salto di qualità all’ex marito di Madonna, finora buon regista di film indipendenti (si ricordi l’ultimo “RocknRolla”), è una superproduzione angloamericana: in una spettacolare Londra vittoriana (minuziosamente ricostruita), il duetto investigativo più famoso della letteratura – legato da un rapporto a metà strada fra “La Strana Coppia” e “Mission Impossible”- affronta con suspense degna di uno 007 un malvagio Lord Blackwood (l’eccellente Mark Strong), intenzionato (naturalmente) a dominare il mondo. “Volevo fare un film che mantenesse l’identità inglese, ma avesse dietro soldi e forza americana – ha spiegato il regista alla Freemasons Hall, nella sede londinese della massoneria, dove sono state girate alcune scene – Per me era necessario che fosse un mix di queste due cose. Ora che esce vedremo se avrà funzionato”.
Per Ritchie, il suo Holmes è più vicino alla natura del personaggio scritto da Sir Arthur Conan Doyle di quanto non lo fossero i gentlemen un po’ rigidi della tv e del cinema del passato, come il leggendario Basil Rathbone, lo Sherlock degli anni Quaranta. “Sapevo che questo Watson era molto diverso dall’originale che avevo letto da bambino – ha detto Jude Law – Doveva essere rinnovato, riscoprendo come lo disegnava Conan Doyle, ma dandogli anche nuova energia”. A Downing Jr., che per anni ha combattuto con le tossicodipendenze, qualcuno chiede perché nel film non ci sia riferimento alla soluzione al 7% (la cocaina usata da Holmes): “Ah – scherza lui – ma io non sono mai andato sotto a quella percentuale… ma scherzi a parte, la sfida era renderlo fedele al materiale originale, rispettandolo, ma anche cambiandolo per adattarlo. Credo che questa sia un’interpretazione del tutto nuova, che abbiamo fatto consapevoli della responsabilità di rivedere un simile personaggio”. Nel film, il legame tra i due mette a rischio le nozze imminenti di Watson con Mary: “Io credo che Holmes e Watson siano due aspetti che ritroviamo in ognuno di noi, quindi hanno un rapporto molto stretto, quasi da commedia romantica”, dice Downing Jr. E quando un giornalista chiede a Jude Law se stia per ritrasferirsi dagli Usa all’Inghilterra insieme a Sienna Miller, lui guarda Robert e risponde: “L’unica persona di cui io sia innamorato al momento è qui alla mia sinistra”.
Giuliana Ricci