La Procura di Milano ha chiuso l’inchiesta Mediatrade-Rti nella quale, tra gli indagati figurano Silvio Berlusconi e altre persone, in tutto una decina. Il pm Fabio De Pasquale, tramite la Gdf, ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini. L’inchiesta e’ nata da uno stralcio di quella principale Mediaset e riguarda presunte irregolarita’ nella compravendita di diritti televisivi per creare, secondo l’accusa, fondi neri.
La chiusura di questo filone di indagine era attesa da tempo. C’e’ anche Pier Silvio Berlusconi, il figlio del premier, tra gli indagati nell’inchiesta Mediatrade-Rti. Pier Silvio Berlusconi, e’ stato consigliere di amministrazione e vice presidente di Mediatrade. Le persone indagate nel filone di inchiesta Mediatrade sono in tutto 12, tra cui anche Fedele Confalonieri, il banchiere Paolo Del Bue, il produttore Frank Agrama, tre dirigenti di Mediaset e due cittadini di Hong Kong.
I reati contestati, a vario titolo, sono: concorso in appropriazione indebita, frode fiscale e riciclaggio. I reati contestati vanno fino allo scorso anno. Nei confronti del premier Silvio Berlusconi è stato ipotizzato il reato di appropriazione indebita, come all’inizio dell’indagine, mentre per il figlio Pier Silvio e Confalonieri quello di frode fiscale. L’avvocato del premier, e parlamentare del Pdl, Niccolò Ghedini ha così commentato: “La Procura di Milano ancora una volta continua nella pervicace volontà di sottoporre a processo Silvio Berlusconi. Le contestazioni mosse hanno dell’incredibile sia per il contenuto delle stesse sia per gli anni a cui si riferiscono, periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benchè minima possibilità di incidere sull’azienda”. “Estendere l’incolpazione a Piersilivio Berlusconi, colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio Berlusconi, – prosegue Ghedini – è poi del tutto sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale essendo già da tempo dimostrata in atti, con documenti e testimonianze, la sua totale estraneità ai fatti contestati. L’ennesimo procedimento, che non potrà che risolversi in una declaratoria di insussistenza dei fatti, alla vigilia di una delicata competizione elettorale e proprio quando si stanno discutendo le riforme della giustizia – conclude Ghedini – non può non destare una straordinaria indignazione”. In una nota invece il coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi riferisce: “Dopo la chiusura dell’inchiesta sui diritti tv, c’è qualcuno che può ancora credere che alcuni pubblici ministeri siano interessati a celebrare la giustizia, applicare le leggi e ricercare la verità?”. “L’unica speranza – aggiunge – è che maturi, anche da parte della sinistra, la consapevolezza della necessità e urgenza di una riforma che restituisca imparzialità, dignità e fiducia all’amministrazione della giustizia nel nostro Paese”.
Manuela Vegezio