Sui nostri litorali, i bagnanti dovranno presto ritirarsi nelle loro case, aprire i rubinetti delle loro vasche da bagno, attendere qualche minuto ed infine godersi un bel bagno. Certo non è il massimo, ma sarà una soluzione possibile se la politica della privatizzazione delle spiagge continuerà. L’altra opzione è quella di sborsare una cifra media di 15 euro giornalieri per occupare un misero lettino. Perchè questo sfacelo? E soprattutto, chi ne è responsabile?
Cominciamo con il dare un’occhiata all’articolo 822 del Codice Civile. Al comma 1, si legge:
“Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (Cod. Nav. 28, 692); le opere destinate alla difesa nazionale”.
Le spiagge sono dunque proprietà dello Stato. Essendo il nostro uno Stato costituzionale ed affermando la Costituzione che la sovranità appartiene al popolo, ne possiamo dedurre che anche le spiagge, essendo beni dello Stato, sono nostre in quanto cittadini. Questo fino al 1993, anno in cui venne approvata la legge n. 494 recante “Disposizioni per la Determinazione dei Canoni relativi a concessioni demaniali marittime”.
La parola chiave di tale legge è “Concessioni”. Ciò significa che dal 1994, i beni demaniali marittimi, possono essere dati in concessione dallo Stato a soggetti privati. L’articolo della legge che ci interessa è l’articolo 1, primo comma, lettera (a), il quale afferma:
“La concessione dei beni demaniali marittimi può essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per l’esercizio delle seguenti attività: a) gestione di stabilimenti balneari“.
In poche parole, la legge autorizza lo Stato italiano a concedere le spiaggie a soggetti privati per la gestione di stabilimenti balneari. Sempre all’articolo 1, comme secondo, viene specificata la durata, in termini temporali, del contratto di concessione:
“Le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di quattro anni; possono comunque avere durata differente su richiesta motivata degli interessati“.
Ma chi è responsabile delle concessioni? E’ ancora la legge del 1994 a chiarirlo all’articolo 6, commi 1 e 3:
“1. […] le regioni provvedono al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime.
3. […] le regioni predispongono, sentita l’autorità marittima, un piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo, dopo aver acquisito il parere dei sindaci dei comuni interessati e delle associazioni regionali di categoria, appartenenti alle organizzazioni sindacali più rappresentative nel settore turistico dei concessionari demaniali marittimi“.
Sono dunque le Regioni ad essere responsabili nel concedere ai privati l’utilizzo di un pezzo di spiaggia pubblica. Qualche responsabilità è da attribuirsi ovviamente anche ai Comuni. Un aspetto interessante dela questione riguarda senza dubbio i costi gravanti sulle spalle dei privati per affittare porzioni di spiagge pubbliche. Quanto si deve pagare per usufruire per quattro o più anni di una striscia di litorale? A dircelo è la legge finanziaria del 2006 che fissa i prezzi al metro quadro per le spiagge. L’articolo 251 comma 1 lettera (b), fa riferimento ai canoni annui ed afferma:
“per le concessioni demaniali marittime […] si applicano i seguenti importi:
1.1) area scoperta: euro 1,86 al metro quadrato per la categoria A; euro 0,93 al metro quadrato per la categoria B;
1.2) area occupata con impianti di facile rimozione: euro 3,10 al metro quadrato per la categoria A; euro 1,55 al metro quadrato per la categoria B;
1.3) area occupata con impianti di difficile rimozione: euro 4,13 al metro quadrato per la categoria A; euro 2,65 al metro quadrato per la categoria B”.
Nel 2007 lo Stato italiano ricevette circa 87 milioni di euro per le concessioni balneari, una miseria. Un soggetto privato che possiede un piccolo stabilimento balneare, 1000 metri quadri, con impianti di difficile rimozione, classificato come categoria A, paga annualmente 4130 euro allo Stato. Non so precisamente quanto un privato possa guadagnare dalla sua attività in un anno, ma credo che la cifra sia alquanto superiore.
Nel nostro paese, nessun soggetto pubblico sembra in grado di impegnarsi nella gestione le spiagge, considerate non una risorsa pubblica e turistica, ma un superfluo quanto inutile paesaggio. Per questo, si preferisce concedere tali paradisi a soggetti privati desiderosi di trarre profitto dalla loro attività. A rimetterci sono ancora una volta i cittadini.
Di Marcello Accanto