Rachel, 13 mesi non voleva morire. Rachel voleva vivere; crescere e costruirsi la propria vita progettando giorno dopo giorno il suo futuro. Rachel invece a soli 13 mesi di vita ha trovato la morte in un letto d’ ospedale e ora i genitori vogliono conoscere la verità: desiderano che chi ha sbagliato paghi. Rachel vuole sapere perchè così piccola è morta.
Rachel è spirata tra le braccia della madre la quale ora urla disperata e accusa l’ ospedale di Cernusco sul Naviglio di razzismo. Si proprio razzismo, perchè Rachel e i suoi genitori sono nigeriani. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e ora attende di conoscere i risultati dell’ autopsia per chiarire le cause del decesso.
Oltre alla madre urla il proprio dolore il padre della piccola sfortunata il quale davanti ai cronisti afferma che ” i medici avrebbero potuto salvarla. Se fosse stata italiana la bambina non sarebbe morta“.
Torniamo ai fatti. La piccola Rachel arriva al pronto soccorso di Cernusco sul Naviglio accompagnata dai suoi genitori. La piccola è preda a violenti attacchi di vomito. Lo staff medico dopo una visita decide di dimettere la piccola e di rimandarla a casa. Ma proprio li la situazione della bambina peggiora e i suoi genitori ritornano al Pronto Soccorso. Tra lo stupore dei coniugi gli infermieri comunicano che non possono curare la loro figlia perchè la tessera sanitaria è scaduta. Solo sucessivamente a discussioni si decide di ricoverare Rachel ma il piccolo cuore della bimba due giorni sucessivi smette di battere. Perchè? Quali sono state le cause del decesso? Qualcuno dell’ ospedale ha sbagliato? Ha sottovalutato il caso? C’ è stato veramente un episodio di razzismo? Domande che sia i genitori della piccola che gliinquirenti vogliono risposte.
Intanto ieri l’ ospedale ha respinto in modo secco le accuse di razzismo e ha precisato che “Nessuno ha MAI detto che la bambina non potesse essere ricoverata“.
La questione passa a chi di dovere. Rachel da lassù attende di sapere perchè solo dopo 13 mesi ha dovuto salutare la vita terrena.
Daniele Faranna