C’è voluta una task force composta da uomini della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza per giungere alla parziale risoluzione del dramma consumatosi ai danni di centinaia di immigrati sfruttati nelle campagne di Rosarno. Ieri le manette sono scattate per una trentina di persone (tra loro anche marocchini e algerini), accusati d’associazione a delinquere per sfruttamento dell’immigrazione e violazione delle leggi sul lavoro.
Tra loro, 22 imprenditori agricoli e proprietari terrieri, per i quali sono stati disposti gli arresti domiciliari e il sequestro dei beni, comprendenti una ventina di aziende (tra cui 5 cooperative agricole) e 200 appezzamenti per un valore complessivo di 10 milioni di euro. Il loro quadro accusatorio risulta più pesante (rispetto a quello degli altri 8 fermati) perché dovranno rispondere anche di truffa aggravata ai danni dello Stato, per aver percepito illegalmente i contributi agricoli concessi.
A dare il via all’ “Operazione Migrantes” sono state le testimonianze rese da circa 15 extracomunitari, costretti ad allontanarsi da Rosarno, all’indomani degli scontri che sconvolsero il centro calabrese, causando una vera e propria guerriglia urbana. Trasferiti nei centri d’identificazione di Bari e Crotone, i clandestini hanno cominciato a raccontare le loro storie di sfruttamento nei campi, fornendo agli investigatori una fotografia nitida e dettagliata della situazione, che è stata poi confermata dalle numerose intercettazioni che hanno consentito l’arresto dei “caporali”.
“Lavoravamo dall’alba fino a che non si vedeva più”: hanno riferito gli extracomunitari che, grazie alla loro preziosa collaborazione, beneficeranno di un permesso di soggiorno speciale che consentirà loro di rimanere nel nostro Paese. I loro racconti parlano di sfruttamento e disumanità, di turni di lavoro massacranti (fino a 14 ore al giorno) per una paga di 22 euro, di cui tre venivano trattenuti dai “caporali” per le spese di trasporto. Non solo, dieci euro era la tariffa concordata dagli stessi “caporali” per ogni singolo lavoratore fornito agli imprenditori agricoli che offrivano 1 euro a cassetta per la raccolta dei mandarini e 50 centesimi per le arance.
Un quadro di assoluta desolazione umana, esasperato dalle disagiate condizioni in cui i braccianti erano costretti a vivere nelle sistemazioni di fortuna arrangiate nelle campagne di Rosarno e Rizziconi o nelle fabbriche abbandonate della Rognetta e dell’ex Opera Sila. Tanto quanto basta non certo per giustificare gli scontri scatenatesi qualche mese fa a Rosarno (che causarono il ferimento di 53 persone), ma per comprendere l’esasperazione di centinaia di moderni schiavi, costretti a lavorare come bestie, alle dipendenze di uomini senza scrupoli, disposti a barattare la dignità umana per pochi euro.
Maria Saporito