Obama e Bernanke a lavoro per far “tornare i conti” Usa

Il deficit pubblico americano assume proporzioni sempre più consistenti e da ieri si è riunita la commissione bipartisan, istituita da Obama, per cercare di individuare una via d’uscita al problema.

I dati sembrano preoccupanti: il debito pubblico è giunto al livello di 12.880 milioni di dollari e le previsioni indicano un aumento di almeno  1.000 miliardi all’anno per il prossimo decennio. Gli esperti ritegono la situazione allarmante considerando che per il 2011 ci si attende un deficit di 1.600 miliardi, pari al 10,6 %del Pil.

Il presidente Obama, parlando alla commissione, ha descritto la sfida del risanamento del debito pubblico come un obbligo verso le future generazioni, le quali non devono trovarsi sulle spalle un deficit in grado di indebolire tutto il sistema economico. Il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, sembra essere concorde con Obama. Secondo Bernanke c’è bisogno di ristabilire un’economia forte, caratterizzata da una tassazione non troppo elevata con criteri di riscossione equi e trasparenti. Questo obiettivo è lontano dalla situazione attuale americana ed è per questo che il presidente della Fed sostiene la necessità di provvedimenti tempestivi.

Bernanke crede che una crescita economica robusta, in grado di ridurre drasticamente il deficit, non sia possibile e ritiene necessaria l’attuazione di più manovre politiche per scongiurare che il bilancio federale vada ad incanalarsi in una situazione insostenibile dove si rischierebbe l’instabilità economica e finanziaria.

Al momento, per Bernanke, è essenziale prendere una decisione tra le seguenti: alzare le tasse, tagliare le spese per la previdenza pubblica (Social Security) o la pubblica assistenza sanitaria (Medicare), ridurre le spese per l’istruzione o quelle per la difesa. La commissione, presieduta dall’ex senatore repubblicano Alan Simpson e da Erskine Bowles, ex capo di gabinetto durante la presidenza di Bill Clinton, si è riunita ieri con lo scopo di attuare un piano credibile per gli Stati Uniti e per la sua uscita dal deficit pubblico.

Stefano Valigi