Bossi sulla scia di Cavour

Sulla sua partecipazione ai festeggiamenti previsti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il ministro per le Riforme, Umberto Bossi, deve ancora decidere, ma su tutto il resto il Senatur ostenta la proverbiale fermezza. Soprattutto quando, nel corso di un’intervista rilasciata a “La Repubblica”, viene più volte interpellato sul tema a lui più caro: il federalismo.

Cavour era federalista – inizia il leader della Lega –  la promessa e l’impronta federalista sono state fondamentali nel percorso di unificazione del Paese. Senza questa premessa e senza questa impronta i Lombardi non ci sarebbero mai stati a finire sotto il Piemonte. Poi il re in qualche modo ha tradito perché ha imposto il centralismo. Oggi – continua Bossi – è arrivato il momento di riprendere quella promessa e mantenerla compiendo davvero la storia”.

Quella del federalismo è, per il ministro del Carroccio, un’esigenza che non può più essere rimandata. “Se andiamo avanti di questo passo – spiega – avremo troppi sindaci e troppi presidenti di regione che buttano via i soldi. Non si può continuare così perché con questo andazzo rischiamo di finire male, come un’altra Grecia ma di grandi dimensioni e con esiti disastrosi per tutti”.

Contro questi scenari apocalittici, il Senatur individua un’unica soluzione. “Il federalismo – insiste – significa dare delle regole e un po’ di federalismo e un po’ di regole faranno bene sia al Nord che al Sud. Perché il Nord del dopo crisi non può più dare i soldi che dava prima, dovrà vivere con regole nuove. E il Sud i soldi non potrà più buttarli“.

Tornando, infine, sulla sua partecipazione alla cerimonia per i 150 anni dell’Unità d’Italia: “Per la verità – dichiara Bossi – non ci ho ancora pensato. A naso mi sembrano le solite cose un po’ inutili e un po’ retoriche, ma devo ancora vedere e capire”. “E se Napolitano mi chiama… –  ammette il ministro – lo sa che il presidente mi è sempre stato simpatico“.

Maria Saporito