Letizia Moratti: un clandestino normalmente delinque

Infelice uscita del primo cittadino di Milano, che, anche se in un’intervista posteriore solo di pochi minuti al convegno sull’integrazione che si è tenuto all’Università Cattolica di Milano, durante il  quale ha pronunciato la frase incriminata, ha spiegato in modo più corretto ciò che intendeva, al momento le sue parole hanno avuto una cassa di risonanza decisamente  negativa.

Il concetto da esprimere era quello dell’assorbimento dei reati commessi in Italia da un individuo che risulta essere immigrato clandestino. La logica che sta dietro è ferrea: nel Bel Paese, chi è non è regolare e  si macchia di altri reati, non può essere espulso, come invece il “reato di clandestinità” prevederebbe; l’espulsione viene “negata” appunto per il fatto di dover affrontare uno o più processi.  La Moratti ha cercato di far passare il concetto di “assorbimento”, vale a dire, visto che è clandestino e già questo è, di per sè, un reato, tanto vale allontanarlo dal paese in tempi rapidi. L’idea sveltirebbe sicuramente le pratiche di allontanamento di chi nel nostro paese ha commesso un delitto, ma pone il problema della punibilità del criminale in questione (se lo è). Se chi ha ucciso qualcuno viene espulso, ad esempio, e non esistono accordi con il suo paese d’origine, l’assassino rischierebbe di “farla franca”, in quanto non verrebbe processato ne in Italia , ne in patria.

In ogni caso, il Sindaco di Milano, cercando di far passare la sua tesi è stata protagonista di una gaffe, sostenendo letteralmente che ” è di tutta evidenza che, un clandestino, se è clandestino, normalmente, delinque, non ha un lavoro regolare e quindi, fino a quando non ha un lavoro regolare è difficile che possa avere un percorso positivo“.  Anche se già nella parte finale del discorso la Moratti è riuscita a correggere il tiro, la prima parte è stata immediatamente oggetto di pesanti critiche. L’Arci per prima si è scagliata contro le frasi del primo cittadino, bollandole come “razzismo istituzionale” e aggiungendo, per bocca di Filippo Miraglia che  “a questo governo la vicenda Rosarno non ha insegnato niente se la Moratti continua a imputare alle vittime le colpe di chi crea razzismo e discriminazione“. Il giudizio è forse un po’ troppo duro, perlomeno in questo caso, nel quale la Moratti sembra proprio aver sbagliato a parlare più che aver voluto sostenere l’equazione clandenstino uguale delinquente. Sembra, ad una prima analisi,  più preoccupante la tesi, ammesso fosse veramente questa, che vorrebbe far rientrare la responsabilità di altri reati eventualmente commessi in quello di clandestinità, che prevede si l’espulsione, ma praticamente solo e soltanto quella.

A.S.