Dopo il fallimento della difficilissima operazione volta a depositare un’enorme cupola di cemento sul fondale marino, a circa 1500 m di profondità, una struttura che avrebbe dovuto contenere circa l’85% di petrolio rimanente e che sta continuando a fuoriusicre a ritmi sempre più alti, gli ingegneri della BP stanno cercando nuove soluzioni.
La prossima cupola potrebbe essere più piccola e attraverso di essa sembra si stia pensando di scaricare diverse tonnellate di detriti allo scopo di chiudere il buco che sta rovinando (o che ha già purtroppo rovinato) l’ambiente naturale del Golfo del Messico. La nuova sfida col “pozzo maledetto” dovrebbe avvenire entro 72 ore, al più tardi. L’ inziale progetto di aspirare il greggio sembra sia stato accantonato ed in effetti presentava difficoltà tecniche quasi insormontabili, anche alla luce della nulla esperienza di casi simili da parte degli ingegneri responsabili, che mai si erano trovati davanti ad una catastrofe di dimensioni così vaste. Inoltre, l’aspirare petrolio dentro la cupola presenta diverse variabili non controllabili, molte cose potrebbero infatti andare storte, senza che sia possibile prevederle nemmeno attraverso i calcoli più accurati.
Oltre al gettare detriti, inficiato dal problema “profondità” sono al vaglio anche strategie alternative, come ad esempio quella del “tappo di gomma“, soluzione che Suttles, Chief Operating System di BP ha paragonato a quella che si utilizzerebbe per chiudere un gabinetto.
La compagnia petrolifera ha inoltre ottenuto l’autorizzazione a disperede solventi in mare, cosa che sta facendo già da stamattina attravero un robot telecomandato. Il permesso le era stato più volte negato a causa dello sconosciuto impatto ambientale delle sostanze, ma, al punto in cui si è arrivati sembra che i solventi chimici non possano peggiorare la situazione.
Da tutto il mondo via internet stanno arrivando a BP vari progetti per tentare, finalmente, di fermare l’ecomostro che ha già ormai causato danni ambientaliincalcolabili per decine di anni e distrutto totalmente l’economia locale. In Lousiana, sia sulle coste che in mare, stanno venendo sistemati enormi sacchi di sabbia, a migliaia, in modo da far assorbire il petrolio a questi ultimi.
La compagnia ha già speso una cifra che si aggira tra i 250 e i 350 milioni di dollari nelle operazioni contenimento della marea nera, che però non è nemmeno lontanamente paragonabile ai costi che dovrà sostenere per risarcire tutti i danni causati, si parla, in questo caso di diverse decine di miliardi di dollari.
Intanto alla compagnia petrolifera iniziano anche ad arrivare le cause legali dei suoi azionisti; alcuni hanno infatti deciso di citarla in giudizio per il mancato rispetto delle norme di sicurezza. Assieme a lei altre tre compagnie sono accusate del disastro: Transocean, proprietaria della piattaforma, Cameron International Corp, l’azienda responsabile dei sistemi di sicurezza della Deepwater Horizon, e la Halliburton Energy Services, che utlimamente , poco prima dell’esplosione aveva eseguito alcuni lavori sulla piattaforma.
A.S.