Si chiamava Giovanni Bruno l’uomo che ieri sera è morto durante il trasporto all’ospedale di Vallefiorita, in provincia di Catanzaro. Il 55enne , considerato uno dei capi della n’drangheta locale e che aveva numerosi precedenti penali, è rimasto vittima di un agguato di stampo mafioso. Bruno, intorno alle 23,30 di ieri sera, si trovava a bordo della sua macchina quando è stato raggiunto da una scarica di pallottole esplose presumibilmente da due killer. I carabinieri del comando provinciale di Catanzaro, coordinati dal tenente colonnello Giorgio Naselli, hanno effettuato i primi sopralluoghi, ritrovando almeno 12 bossoli sul luogo dell’attentato, mentre il medico legale che ha ispezionato il cadavere di Giovanni Bruno ha individuato sette fori di entrata che hanno raggiunto il presunto boss in diverse parti del corpo.
L’intervento dei sanitari del 118 è risultato inutile perché Bruno è deceduto durante il trasporto in ambulanza, ancor prima di giungere all’ospedale in provincia di Catanzaro. Secondo l’analisi degli inquirenti, l’esecuzione del 55enne è da inserirsi all’interno di un quadro di regolamento di conti tra cosche avverse che da tempo interessa la zona jonica tra le province di Catanzaro e di Reggio Calabria. Quella di Bruno – che è la sesta morte dall’inizio dell’anno – rappresenterebbe dunque l’ultimo tassello di una lotta senza quartiere tra le consorterie mafiose locali, impegnate a stabilire nuovi domini e a cementare nuove alleanze.
La morte di Giovanni Bruno è stata preceduta da quella di Vittorio Sia (ucciso a Soverato, lo scorso 22 aprile), di Giovanni Vallelonga, Domenico Vallelonga, Domenico Chiefari e Francesco Muccari. Una lunga lista che ha spinto il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, a ipotizzare, nel corso di una recente conferenza stampa, una situazione di grande rivalità tra le cosche mafiose presenti sul territorio.
Maria Saporito