L’associazione ambientalista Marevivo, nata nel 1985, ha presentato lo scorso venerdì a Roma il dossier “Un mare di idrocarburi”. Il documento rappresenta un grido di denuncia nei confronti di chi, ogni anno, versa nel mar Mediterraneo una quantità variabile (dalle 400mila alle 650mila tonnellate) di idrocarburi (petrolio, oli e rifiuti oleosi).
Durante la presentazione del dettagliato dossier, l’associazione Marevivo ha srotolato all’altezza del ponte Matteotti, sul Lungotevere, un enorme striscione nero dell’ampiezza di 360 metri quadrati. Sulla stoffa campeggiava l’inequivocabile slogan: “Chi avvelena il mare uccide il pianeta”.
Nel documento emergono dei dati paradossali. Ad esmpio, è interessante sapere che il trasporto marittimo di idrocarburi rappresenta il 40% del traffico marittimo mondiale. Di questo, il 25% si concentra proprio nel nostro mar Mediterraneo nonostante questo rappresenti solo lo 0,7% delle acque dell’intero pianeta. Inoltre, con circa 38 milligrammi di sostanze nocive a metro quadrato, il Mediterraneo è il mare con la più alta densità di catrame pelagico rilevato.
Un altro preoccupante primato riguarda la pesca selvaggia. Anche in questo settore, il Mediterraneo possiede la più alta percentuale al mondo di squali in pericolo di estinzione. In alcune zone dei nostri mari, gli squali sono diminuiti di una percentuale pari al 97%. Il fenomeno si dirada in diversi livelli di rischio: il 42% degli squali risulta in pericolo di estinzione, il 18% rischia di diventarlo, il 14% è limitato a un livello di pericolo e per il 26% non esistono dati.
Di Marcello Accanto