Esasperato o xenofobo. La città di Genova s’interroga su ciò che potrebbe aver spinto don Porcile, parroco di Cornigliano, alla periferia del capoluogo, a scrivere una lettera al questore e al sindaco. Il curato accusa la comunità nomade, dalla quale cerca d’allontanare il suo “gregge”.
“Stiano lontano dalla mia gente, soprattutto dagli anziani e dai bambini. Fino a quando non impareranno quel valore che non conosce confini di nazionalità, religione e tempo: il rispetto per la persona”. Questo il testo della lettera, consegnato a municipio, questura e arma dei carabinieri. “Questi fratelli zingari – continua – che fino a poco tempo fa hanno sempre trovato la porta aperta e un aiuto andrò io a trovarli dove vivono per portar loro l’aiuto di cui hanno bisogno. Personalmente non mi stancherò di gettare ponti tra loro e chi, a torto o a ragione, li sente così diversi”.
La ragione della soluzione perentoria proviene al parroco dai “ripetuti fatti, accaduti nelle scorse settimane, di aggressività e prepotente violenza di alcuni zingari maggiorenni e minorenni. Ho sempre aiutato tutti e continuerò a farlo senza distinzione di nazionalità, religione e condizione sociale. scrive il sacerdote che, parla addirittura di “rapine effettuate da minorenni, aggressività nei confronti di anziani, atteggiamenti di sfida che hanno sfiorato l’aggressione fisica al sottoscritto”.
“Finché sono entrati per chiedere aiuto – conclude Porcile – hanno sempre trovato la porta e il cuore aperti. Se entrano per servirsi da soli, cerchiamo di “difenderci” come possibile. Ora sono anche aggressivi, e questo è insostenibile ed inaccettabile”. Genova continua ad interrogarsi, dividendosi fra i sostenitori del prete di periferia e chi resta solidale alla comunità Rom. Intanto il sindaco Vincenzi valuta la possibilità di creare un’area attrezzata per comunità nomadi ai margini della città.
Giorgio Piccitto