I mozziconi che ogni anno vengono gettati via dagli 1,5 miliardi di fumatori rappresentano una delle forme più onnipresenti di spazzatura. Le cicche sono ovunque: ai bordi dei marciapiedi, agli angoli delle strade, sulle spiagge, nel mare, nei prati. Secondo una recente stima pubblicata sulla rivista Industrial ACS ‘& Engineering Chemistry Research, sarebbero circa 4.500 miliardi i mozziconi di sigaretta che ogni anno inquinano l’ambiente.
Accendere una sigaretta significa infatti immettere nell’aria più di 4000 sostanze chimiche ad azione irritante, nociva, tossica, mutagena e cancerogena. Una parte di queste sostanze chimiche resta intrappolata nel filtro contaminando così il mozzicone. Nelle cicche, quindi, è possibile trovare moltissimi inquinanti: nicotina, benzene, gas tossici quali ammoniaca e acido cianidrico, composti radioattivi come polonio-210, e acetato di cellulosa, la materia plastica di cui è costituito il filtro. Come risolvere questa ineliminabile piaga?
In base all’analisi pubblicata sulla rivista Industrial ACS ‘& Engineering Chemistry Research, le sigarette rappresentano un tesoro per i programmi di riciclaggio: i mozziconi possono infatti essere riutilizzati per prevenire la corrosione dell’acciaio del tipo N80, utilizzato ampiamente nell’industria del petrolio. Questo nuovo uso pratico delle cicche aiuterebbe a contenere i danni che le tossine creano ad ambiente e animali. Attraverso la nicotina, infatti, questo tipo di acciaio risulterebbe protetto dalla ruggine. Il tutto servirebbe a prevenire costose interruzioni nella produzione del greggio.
Quello che agli studiosi della rivista è sfuggito è che le sigarette riciclate verrebbero utilizzate per prudure con maggiori risultati il petrolio, combustibile in grado, come sta accadendo nel golfo del Messico, di radere al suolo un intero ecosistema. Dei due, qual è il male minore?
Di Marcello Accanto