Google Street View, la violazione della privacy parte dalla strada

Lo abbiamo fatto tutti. Diciamoci la verità. La curiosità di vedere la propria abitazione, la strada di casa propria, magari noi stessi colti nell’inquadratura, per una pura coincidenza, era un richiamo troppo allettante. D’altronde si trattava di una cosina innocente. Bastava aprire Google Street View ed immergersi, con lo zoom progressivo, fino a raggiungere  il fotogramma desiderato. E giù a ridacchiare. Beh  c’è una novità. Forse la cosina non era tanto innocente. Forse le auto che hanno vagato in lungo e in largo per il pianeta, munite di apposite cam per acquisire immagini, insieme a quest’ultime stavano catturando una miriade di informazioni private. Togliamo il forse, è andata proprio così.

Sono state infatti ormai accertate le ripetute violazioni della privacy compiute dal Gigante della rete durante il processo di mappatura. Motivo del fattaccio? Un software incluso per errore.  Che nel corso delle perlustrazioni ha succhiato informazioni di qualsiasi tipo, perfino dati bancari. Questa è almeno la tesi dei vertici Google, che però dovranno chiarire molti aspetti, primo fra tutti l’iniziale negazione della vicenda.

L’allarme era stato lanciato in Irlanda, quando le autorità, nel corso di una normale iniziativa per la protezione dei dati, avevano scoperto il colossale furto. Di lì a poco si sono accodati molti altri Paesi. Tira e molla per alcuni giorni, dichiarazioni, smentite e poi, infine, l’ammissione di colpa da parte della Società. Una duplice ammissione di colpa. A caldo da parte di Sergey Brin, uno dei fondatori: «Ebbene sì, lasciatemelo dire: abbiamo raccolto dei dati personali. Non voglio cercare scuse su questo». E in forma più ufficiale attraverso le parole dell’amministratore delegato Eric Schmidt che ha sottolineato la necessità di «Essere molto chiari, abbiamo combinato un pasticcio. Mostrarsi onesti riguardo ai propri errori è la maniera migliore per far sì che non si ripetano più in futuro».

Ma l’intrigo non si ferma. Alcuni avvocati avrebbero rintracciato un brevetto che dimostrerebbe come il colosso telematico abbia volutamente acquisito dati protetti da passare poi ai propri inserzionisti. Se ciò venisse confermato la posizione di Google si aggraverebbe notevolmente. Al momento le parti hanno raggiunto un accordo che prevede la restituzione dei dati sottratti ai vari Paesi. Si inizierà con Spagna, Germania e Francia e a seguire tutti gli altri. Poi, naturalmente, si procederà all’apertura di un’inchiesta per accertare i fatti. Ma altri colpi di scena si celano dietro l’angolo. E in linea con le più tradizionali Spy Story non ci resta  che attendere la prossima puntata.

Katiuscia Provenzani