Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Neuropsychopharmacology” anche chi beve molto caffè prima o poi diviene resistente agli effetti che esso provoca.
Lo studio si è basato monitorando 379 persone, tra cui 162 consumatori moderati ( solo una tazzina o meno al giorno) e 217 che invece ne consumavano oltre una tazzina al giorno, ai quali è stato chiesto di astenersi dal caffè per 16 ore.
Terminato il tempo di astinenza, ad alcuni volontari è stata proposta una quantità di caffeina pari a 100 milligrammi (all’incirca un espresso) e dopo un’ora e mezzo ne hanno ricevuti altri 150 milligrammi, mentre i restanti partecipanti alla ricerca assumevano dei placebo.
Successivamente i medici hanno valutato attraverso alcuni esami, il grado di ansia, di allerta e di cefalea di tutti i partecipanti, scoprendo che i più assidui bevitori non mostravano livelli maggiori di allerta o ansia, inoltre spiega Peter Rogers, psicologo dell’università di Bristol in Inghilterra, chi è abituato a bere molto caffè, nel momento dell’astinenza, vede scendere il livello di attenzione al di sotto della soglia di normalità.
Tutto ciò dipenderebbe dai recettori dell’adenosina, sostanza che modula gli effetti del caffè sull’essere umano, anche se i ricercatori sono convinti che responsabili potrebbero essere i geni, ad esempio si è scoperto che chi è geneticamente predisposto all’ansia, non rifugge l’assunzione di caffè, notoriamente portatore di agitazione.
Inoltre gli studiosi hanno scoperto che molto breve è il passo verso l’assuefazione al caffè, solo un paio di tazzine al giorno potrebbero indurre lo stato d’ansia.
Ma il vero problema sarebbe proprio l’astinenza, pare che a permettere l’insorgenza di mal di testa e riduzione di capacità mentale, basterebbe meno di un giorno senza la tazzina di caffè, per chi ne è un consumatore abituale, creando un perverso circolo vizioso, in base al quale, per non soffrire di questi disturbi, si ricomincia a berlo.
Giulia Di Trinca