Confermando quanto già scritto nella legge del 2002, la Francia, attraverso il suo consiglio costituzionale, nega l’approvazione del “diritto di non nascere”. Infatti, la legge già in vigore prevede il divieto di indennizzare chi nasce disabile a causa di una diagnosi sbagliata da parte del medico. Facciamo un passo indietro per capire meglio la vicenda.
Lo scorso 14 aprile 2010, il Consiglio di Stato francese aveva sollevato un problema di incostituzionalità, contestando quanto scritto nella legge del 4 marzo 2002. Le disposizioni inserite da questa normativa bloccano la possibilità di chiedere un risarcimento del danno subito per il solo fatto di essere nato e prevedono che, anche in caso di erronea diagnosi medica sul feto prima del parto circa una malformazione cui consegua un handicap, l’indennizzo possa essere chiesto solo dai genitori e sempre che vi sia colpa grave del medico. Non è chiaro quale sia una “colpa grave”, tuttavia la giurisprudenza in materia tende a citare solo il caso in cui sia messa in serio pericolo la salute della puerpera.
Tale legge del 2002 era stata approvata in Francia per superare l’impasse giudiziario e legislativo che aveva portato alla sentenza “Perruche” del 2000, grazie alla quale era stata riconosciuta l’oggettiva responsabilità del medico e della struttura ospedaliera nei confronti del soggetto nato con malformazioni, ufficializzando il “diritto a non nascere se non sano” e il nascere malato come danno risarcibile. Il Consiglio di Stato contestava l’irregolarità di questa norma poiché in violazione del principio di responsabilità (“chi procura danno ad altri è tenuto a risarcirlo”) sancito dall’art. 4 della ‘Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino’ del 1789.
Tuttavia, nel comunicato odierno l’alta corte costituzionale transalpina non ha ritenuto valide le motivazioni addotte dall’esposto statale, affermando che “la limitazione del diritto di indennizzo deciso dal legislatore non riveste un carattere sproporzionato. Non è contrario a nessun diritto o libertà garantiti dalla Costituzione”.
Il “diritto di non nascere se non sano” è inoltre sempre fortemente negato dalla giurisprudenza italiana, la quale afferma unicamente, attraverso la legge n. 194 del 1978, che un’interruzione volontaria di gravidanza è consentita solo nel caso in cui le malformazioni del nascituro determinino un grave pericolo per la salute psichica e fisica della donna.
L’inesistenza del diritto a nascere sano implica conseguentemente l’infondatezza al risarcimento del danno derivante da una nascita non sana, ove non attribuibile a grave mancanza del medico. Una decisione che ha azzittito le proteste, ma che rende legittimamente giustizia all’inviolabile diritto alla vita e perciò alla nascita.
Emanuele Ballacci