
Sembra la trama di un intricato spy-movie, invece è tutto vero. Il Pentagono è impegnato in una caccia all’uomo senza tempo, nel tentativo di recuperare informazioni altamente classificate che potrebbero essere presto pubblicate su internet. L’uomo in questione è Julian Assange, il padre fondatore di WikiLeaks, un famoso sito internet che permette la pubblicazione di documenti riservati (di interesse locale, nazionale e internazionale) in forma anonima.
Ma perché Assange fa tanto paura al Pentagono? A quanto sembra (stando alle fonti del quotidiano Daily Beast) le autorità americane sono convinte che Assange abbia ricevuto in tutto o in parte i 260 mila fascicoli riservati del Dipartimento di Stato, che un ventiduenne analista dello spionaggio militare, Bradley Manning, ha scaricato dai computer governativi e trasmesso al fondatore di Wikileaks per permetterne la pubblicazione.
In particolare i documenti in questione sarebbero una serie di messaggi redatti da diplomatici e membri del Dipartimento di stato americano per il Medio Oriente, relativi ai governi arabi e ai loro leader. La corrispondenza risale a diversi anni fa e contiene informazioni sull’attività di intelligence nelle zone di guerra dell’Afghanistan e dell’Iraq. Roba che scotta, insomma. Manning, tra l’altro, era già accusato di aver già passato ad Assange il video del 2007 che mostrava alcuni militari americani di stanza a Baghdad che – a seguito di un discutibile errore di valutazione – ferirono e uccisero diversi civili, tra cui due membri dello staff Reuters.
I responsabili di Wikileaks non confermano di essere in possesso dei fantomatici documenti che tanto preoccupano il Dipartimento di Stato americano; Assange, però, non si trova. Abituato sin dalla fondazione di Wikileaks alle antipatie di governi e servizi segreti, Assange vive senza fissa dimora ormai da diversi anni, rendendo sempre difficile la sua individuazione da parte dei “nemici”. La sua ultima apparizione è stata una videoconferenza via Skype dall’Australia, risalente ad una settimana fa. Da allora sembra si siano perse le sue tracce.
Il Pentagono intanto fa sapere che l’operazione di Manning e Assange sta “mettendo a rischio la sicurezza nazionale”. Il Portavoce al Ministero degli Esteri americano, P.J. Crowley, ha inoltre aggiunto: “E’ una cosa che prendiamo molto sul serio. Il danno potenziale ai nostri interessi è molto alto”. In realtà la sensazione è che più che la sicurezza nazionale – perennemente invocata dalle autorità americane, quando hanno l’acqua al collo – a preoccupare il Pentagono sia la pubblicazione di notizie particolarmente scomode, che potrebbero avere un duplice effetto: infervorare ulteriormente l’opinione pubblica (già contraria alle missioni in Iraq e Afghanistan) e complicare ancora di più i già non semplici rapporti diplomatici con alcuni paesi del Medio Oriente. La libertà d’informazione concessa dalla rete, oramai, sembra essere sempre di più un sassolino (bello grande) nella scarpa dei governi occidentali.
R. D. B.