Ogni cellulare dovrà mostrare il livello di radiazione emanate. La proposta dal sindaco di San Francisco

Sono soprattutto i genitori a rimproverare ai più giovani l’utilizzo continuo dei cellulari. In particolare chi non ha mai sentito la frase “Non parlare molto con il telefonino, emana radiazioni e fanno male.” Fino adesso, gli studi condotti non hanno mai accertato che le radiazioni emanate dai dispositivi mobili provocano problemi all’organismo ma l’opinione pubblica a riguardo è molto divisa e si preferisce dunque non abusare dei telefonini.
Da oggi però i genitori potranno essere più tranquilli e scegliere insieme ai propri figli il cellulare in base all’esatto livello di radiazioni generate da ogni dispositivo che verrà indicato in ogni confezione.
E’ stato il sindaco di San Francisco, Gavin Newsom, ad avere l’idea e il consiglio direttivo della città di San Francisco ha approvato un’ordinanza che non ha nessun precedente negli Stati Uniti.
L’ordinanza è passata a maggioranza (10 a 1) e impone a tutti coloro che vendono cellulari in città di fornire informazioni sullo Specific Absorption Rate (SAR), cioè la quantità di potenza da radiofrequenze assorbita dal corpo quando è esposto a un campo elettromagnetico. Il valore è differente per ogni telefonino, ma non deve superare il livello di 1,6 watt per chilogrammo. La legge, dunque, dovrebbe entrare in vigore molto presto, dopo la quasi unanimità raggiunta dalla Board of Supervisor dell’amministrazione della città statunitense.
Ma questa grande vittoria del sindaco Gavin Newsom ha subito trovato degli oppositori. La Wireless Association si è subito detta contraria alla decisione della città di San Francisco: “Crediamo che ci sia un generale consenso scientifico sul fatto che i dispositivi non siano affatto dannosi per la salute. E questa nuova etichetta si allontana di molto dagli standard attuali dettati da FCC (Federal Communications Commission statunitense). Questo tipo di informazione, ha continuato John Walls portavoce della Wireless Association, potrebbe confondere i consumatori e far credere che ci sono prodotti più sicuri di altri.”

Daniela Ciranni