È malato, ma non può tornare in Italia

Un tumore  al cervello rappresenta la “condanna a morte” di un uomo di 32 anni, “prigioniero” in una clinica tedesca. I genitori chiedono di poterlo riportare a casa per salvarlo, ma non è per niente facile.

Andrea Atzori lavorava a Colonia da otto anni. A marzo i primi segni della malattia che lo affligge: caduto a terra, è stato trovato in stato confusionale dalla polizia. È stato così portato in ospedale, sito nella periferia di Bonn. Inoperabile, il verdetto dei medici che hanno definito il tumore che lo ha colpito troppo esteso e in continua crescita.

In assenza dei familiari, un tutore si è occupato di lui e pare sia proprio lui ad impedirgli il ritorno in Italia, rendendolo come “prigioniero”.

La madre disperata ha confidato: “stiamo vivendo un incubo. Il primario, Miran Skrap, del reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Udine, si è dichiarato disponibile ad operarlo. Abbiamo chiesto aiuto al Consolato italiano a Colonia e al ministero degli Affari Esteri ma le due istituzioni stanno rispondendo evasivamente. Dopo due mesi abbiamo avuto le prime notizie”.

Ha raccontato di essere andata con il figlio Stefano, di 25 anni, a trovarlo a Colonia. Era maggio e si sono trovati davanti ad Andrea, in coma,indossava un paio di jeans e una maglietta. “Quella notte abbiamo dormito in clinica. Abbiamo pianto, eravamo distrutti e disperati. Stefano era sconvolto nel vedere il fratello in quello stato. Poi ci sono tornata altre due volte con mio marito. Nel frattempo al Consolato ho chiesto la documentazione clinica da mostrare agli specialisti italiani”.

Racconta di aver incontrato il tutore una sola volta. “L’incontro è durato dieci minuti e si è effettuato in clinica. Gli ho chiesto: cosa è successo in quei due mesi? Perché nessuno ci ha avvertiti? Mi ha sempre risposto: ‘Nicht. Non so nulla. Non guardate al passato ma al futuro di Andrea’”.

Disperati i genitori vogliono portarlo a casa, in Italia. Ci hanno detto che dobbiamo accollarci le spese di trasporto. E comunque ogni decisione è sottoposta al parere del tutore”.

La mamma ritiene che a Bonn “non gli stanno facendo niente. Aspettano che muoia. Chiedo che Andrea possa ritornare al più presto in Italia. Lo stanno lasciando morire. Se c’è qualcosa da fare che si faccia. Non ce la facciamo più. La vicinanza e la solidarietà di colleghi e amici ci danno la forza per superare questi terribili momenti”, ma questo non basta.

Simona Leo