E’ arrivata, lo scorso 15 giugno, l’attesissima firma tra il Ministro dell’Ambiente italiano Prestigiacomo e quello francese Borloo per quanto riguarda l’Accordo per richiedere il divieto di transito per le navi che trasportano carichi pericolosi nelle Bocche di Bonifacio, ovvero lo stretto tra la Sardegna e la Corsica che rappresenta una delle zone più belle del Mediterraneo per biodiversità.
La cerimonia per la firma è avvenuta nel porto di Palau, in Sardegna, alla presenza di autorità locali e rappresentanti dell’ Organizzazione non governativa Greenpeace. Proprio in questa zona di mare quasi un anno fa, infatti, a bordo della loro nave la Rainbow Warrior con i sindaci della sponda sarda e corsa, gli attivisti avevano lanciato un appello ai Ministri, che si era concretizzato in una lettera sottoscritta sia dagli attivisti che dalle amministrazioni locali, per proteggere questo tratto di mare.
“All’accordo adesso deve seguire un piano preciso – commentano gli attivisti di Greenpeace soddisfatti ma sempre cauti, che aggiungono – per presentare nel più breve tempo possibile all’Organizzazione Marittima Internazionale (OMI) una proposta per tutelare le Bocche dai traffici navali a rischio e avviare i meccanismi necessari per la creazione di un Parco Marino Internazionale sardo-corso delle Bocche di Bonifacio“.
“Purtroppo, la storia insegna che non sempre la firma di un accordo è sufficiente. L’accordo firmato da Francia e Italia nel 1999 per la creazione del Santuario dei Cetacei “Pelagos”, all’interno del quale si trovano le Bocche di Bonifacio, è tristemente famoso per non aver portato a nessuna reale protezione dell’area. Da anni denunciamo lo stato di degrado della zona, dove i cetacei stanno sparendo a causa della costruzione del rigassificatore offshore di Livorno/Pisa: la prima Area Marina Industriale collocata all’interno dell’area tutelata dall’Accordo sullo Santuario dei Cetacei. Ora ci aspettiamo – concludono gli attivisti – che l’Italia faccia un salto di qualità nelle politiche di tutela del mare sia a livello nazionale che nell’ambito di processi internazionali come la Convenzione di Barcellona”.
di Roberto D’Amico