
La diatriba tra Libia e Svizzera, iniziata nel 2008 con l’arresto di Hannibal Gheddafi e della moglie Aline a Ginevra, continuata poi il sequestro alquanto vendicativo da parte del Governo di Muammar Gheddafi, presidente libico, di due imprenditori elvetici, e apparentemente conclusasi con la riconciliazione tra Berna e Tripoli, pare che non sia giunta effettivamente al suo termine.
Gheddafi qualche mese fa aveva indetto una jihad contro al Svizzera, guerra santa per fortuna non attuata, ed ora, dopo la liberazione di dei due imprenditori, Max Goeldi e Rachid Hamdani, rimasti lontano da casa per un anno e mezzo, violatori delle leggi sull’immigrazione, la situazione sembrava si appianasse nuovamente.
Anche perché uno dei figli del leader libico, Gheddafi appunto era stato anch’esso liberato per facilitare l’estradizione dei due imprenditori svizzeri, ma a complicare le cose è giunta al voce del ministro degli esteri svizzero, Micheline Calmy Rey.
“Normalizzare i rapporti con Tripoli” avevano detto dal Governo elvetico dopo il ritorno a casa di Goeldi, ma la Calmy Rey ha sostenuto che ci siano ancora gli estremi per intraprendere un provvedimento disciplinare per Gheddafi e la Libia.
Ancora tutto da ufficializzare ovviamente, e la Clamy Rey continua dicendo che rappresaglie contro chi ha minato l’esistenza di due loro cittadini, nonostante l’atto sia da considerarsi più che grave, non gioverebbe né a l’una né all’altra Nazione, visti anche i rapporti commerciali intercorsi tra i due Paesi.
Nessun documento ufficiale quindi, nessuna richiesta di istanza a nessun organo competente, anche se si presume che se venisse avanzata, la scelta cadrebbe o su tribunali internazionali o sul Consiglio di Sicurezza ONU.
La mozione di istanza per la Libia era stata mostrata e presentata dal Movimento dei cittadini, ma ancora non si è deciso se questa mossa convenga, visto che potrebbe portare ad ulteriori rappresaglie da parte del presidente libico.
di Andrea Bandolin