Eccone un altro. Uno di quegli episodi di cui faremmo volentieri a meno e che, invece, continuano ad accadere. Lasciando completamente attonito qualsiasi cittadino dotato di senso civico. E segnando un’altra tacca sul bastone della vergogna della Sanità italiana. Se ne parlava già da un po’ di giorni. Si attendevano provvedimenti. Alla fine sono arrivati.
Al termine di un’ispezione presso l’ospedale Ingrassia di Palermo, le autorità competenti hanno posto i sigilli ad alcuni ambienti del reparto di Ostetricia e Ginecologia. I Carabinieri sono intervenuti, con l’ausilio del nucleo Nas, a seguito di alcune segnalazioni che denunciavano gravi falle a livello organizzativo e strutturale. Al loro arrivo non hanno potuto far altro che constatare l’inadeguatezza della struttura. Gravi mancanze, negli ambienti e negli arredi, e la totale assenza del percorso differenziato, necessario per legge, che impedisca il contatto tra materiali sporchi e materiali puliti. Da qui la chiusura dell’intera area.
Puntuale è arrivata la replica della Direzione aziendale dell’Asp di Palermo che, pur confermando la situazione, ha tenuto a precisare che l’isolamento degli ambienti incriminati scaturisce da una misura preventiva adottata dalla struttura stessa in totale autonomia. «La direzione aziendale dell’Asp – riporta il comunicato diramato – precisa che, a seguito dell’ispezione dei Nas, la direzione medica di presidio ha deciso, in autotutela, di chiudere le sale operatorie della Divisione di Ginecologia ed Ostetrica. Nella stessa sono state riscontare ‘carenze strutturali’ e non igieniche».
I vertici ospedalieri chiariscono anche che da tempo è stato approvato l’atto deliberativo relativo alla ristrutturazione delle sale in questione e che i lavori inizieranno a breve. Nel frattempo la sala parto continua la sua regolare attività senza alcun disagio per i pazienti. E per gli interventi chirurgici più delicati ci si affida momentaneamente al nuovo complesso operatorio dell’Ospedale Ingrassia, da poco inaugurato.
Ci si augura che questa vicenda, come purtroppo altre mille ancora senza soluzione in Italia, si concluda quanto prima. In realtà ci si augurerebbe anche che cose del genere non accadano più. Ma questo augurio, al momento, sembra un po’ eccessivo.
Katiuscia Provenzani