La strada che l’Italia deve fare per la realizzazione di una rete unica in fibra ottica è ancora lunga. Questa è la principale conlcusione a cui è arrivato il tavolo sulla Nex Generation Networking (NGN) che si è tenuto il 24 giugno tra il viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani, e i gestori di telefonia italiani: Telecom, Wind, Vodafone, Fastweb, Tiscali, BT Italia e 3. Il risultato non è di certo entusiasmante. Insomma, lo sappiamo tutti che il nostro paese non è all’avanguardia in questo settore. Ci si aspettava delle conclusioni più interessanti. E invece l’incontro è terminato affermando che sono necessari altri tavoli di lavoro sulla questione.
Romani commenta in questo modo le conlcusioni del tavolo di lavoro: “Abbiamo fatto un passo avanti. Abbiamo riunito tutti gli operatori TLC a un tavolo su un progetto condiviso e poi si dovrà capire come fare un bussiness plan”. Leggi tra le righe: dopo settimane in cui i vari operatori non volevano parlare fra di loro, alla fine ce l’hanno fatta a sedersi allo stesso tavolo. Quindi, insomma, un grande passo in avanti è stato fatto almeno sulla diplomazia tra i gestori TLC.
Ora sarà necessario convincere Telecom ad entrare in una società che operi a livello nazionale, in cui far confluire possibilmente capitali pubblici. L’obiettivo al momento è quello di mettere in comune i cavidotti di Telecom, senza i quali non si potrà procedere con le operazioni. E Telecom non sembra voler andare oltre. Dell’incontro resta solo un comunissimo verbale, che non mette nulla in tavola, ma spiega solo il tipo di newco che si andrà a creare: “Per lo sviluppo in fibra delle infrastrutture di TLC, – esprime il verbale – il governo ha esposto la volontà di costruire un modello di realizzazione in partnership pubblico-privato in modo tale che la realizzazione delle reti di nuova generazione, obiettivo e competenza degli operatori di telecomunicazioni, possa essere velocizzata ed ottimizzata”. Insomma, lo Stato italiano sta cercando di capire come entrare nella faccenda NNT, ma dovrà coordinarsi con l’UE, con l’Agcom e con la “Digital Agenda” di Bruxelles.
Il viceministro parla di un progetto “con governance aperta, coordinamento a livello nazionale, ma declinabile su base regionale, con la massima flessibilità rispetto alle esigenze delle diverse realtà territoriali”. Cioè si seguirà da vicino l’evoluzione di progetti che si trovano già in fase avanzata, come quello della Lombardia, e, successivamente, si studierà la possibilità di esportare questo progetto in altre aree. Potrà nascere, da questo fatto, una società nazionale che si occuperà del progetto e delle risorse, ma tutto il progetto ruoterà intorno a singoli progetti regionali.
Augusto D’Amante