Dell’Utri: 7 anni per mafia, Mangano salvò Berlusconi

La Corte di Appello di Palermo, dopo sei giorni di Camera di Consiglio, ha emesso questa mattina la propria sentenza riguardo l’ex parlamentare PdL e storico braccio destro di Silvio Berlusconi fin dai tempi di Forza Italia, Marcello dell’Utri, condannato in primo grado a nove anni di reclusione; per il senatore è arrivata, in appello, la conferma della condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, con una riduzione di due anni della pena rispetto al primo grado e di quattro rispetto alla richiesta presentata dal pubblico ministero Antonino Gatto.

La riduzione della pena comporta l’assoluzione di Dell’Utri in merito alla condotta tenuta dopo il 1992, dato che i reati riconosciuti sono riconducibili a vicende precedenti quell’anno, quando il futuro cofondatore di Forza Italia intratteneva stretti rapporti con gli uomini di fiducia di Stefano Bontade, Totò Riina e Bernardo Provenzano.
“Con questa sentenza – ha commentato il legale difensore Nino Mormino – si mette una pietra tombale sulla presunta trattativa tra Stato e mafia durante il periodo delle stragi. Quello che ha detto Spatuzza non è stato evidentemente preso in considerazione come voleva l’accusa”.

“Non vorrei essere nei vostri panni. – aveva detto Gatto alla vigilia della Camera di Consiglio, rivolgendosi alla Corte – Dovete prendere una decisione storica per il nostro Paese: o costruire un gradino attraverso il quale forse si potrebbero fare altri scalini per scoprire verità che hanno dilaniato l’Italia oppure no. Germoglia da tempo un interscambio tra politica e mafia, questa sentenza potrebbe sancirlo”.
E se la sentenza non aiuta lo sviluppo delle inchieste che le procure di Firenze, Palermo e Caltenissetta stanno conducendo congiuntamente sulle stragi del ’92-’93, avvalendosi della collaborazione del pentito Gaspare Spatuzza, viene posta una parole definitiva quantomeno sulle vicende legate a Vittorio Mangano, il famigerato “stalliere” di Berlusconi che Dell’Utri definì “un eroe”.
Confermando la condanna di Dell’Utri, infatti, la Corte ha voluto accogliere le tesi del pm Gatto che aveva spiegato come “attraverso la mediazione di Dell’Utri e del mafioso Gaetano Cinà, Mangano assicurò protezione contro l’escalation dei sequestri a Milano”, tesi confermata anche dal pentito Francesco di Carlo, presente all‘incontro fra Dell’Utri, Berlusconi e i capimafia palermitani Stefano Bontade e Mimmo Teresi, nella sede della Edilnord, la storica società edile fondata dal Presidente del Consiglio nel 1963 per costruire “Milano 2”.

Mattia Nesti