Milano, 01 luglio. Chi volesse ottenere un alloggio pubblico a Milano può scegliere di rivolgersi all’Aler, l’azienda lombarda per l’edilizia residenziale, ed attendere anni ed anni, oppure può optare per una soluzione un po’ più costosa, ma certamente efficace, rivolgendosi ai clan della malavita organizzata. Su 93 mila alloggi pubblici a Milano, 5 mila risultano vuoti, e altrettanti risultano gestiti da una decina di clan di origine campana, pugliese, calabrese e siciliana, con la connivenza di funzionari e amministratori dell’Aler.
Un business da 20 milioni di euro l’anno. Si paga la mazzetta al boss, o alla donna-boss di turno, tra i 1000 e i 7000 euro, questi sfondano la porta d’acciaio e si ha un tetto sotto cui dormire. Ovvero, i contratti d’affitto vengono venduti, a chi non ne può più di attendere l’assegnazione da parte del Comune. Una graduatoria parallela insomma, come spiega Aldo Brandirali, consigliere comunale Pdl: ”La lista parallela esiste ed è il risultato di troppi anni di inefficienza da parte delle amministrazioni. Palazzo Marino continua a non conoscere la situazione di illegalità diffusa: e questo è un grosso problema”. Sui silenzi di Palazzo Marino è intervenuto anche il pm Antonio Sangermano che nell’udienza dell’11 maggio contro il clan Pesco-Cardinale, “gestore” di decine di immobili al quartiere Niguarda, denuncia: “Il Comune ha tollerato per anni una sacca purulenta, è inutile che i cittadini facciano segnalazioni se poi si resta inerti”.
Anzi. Chi parla corre seri rischi. Com’è accaduto nella notte tra il 4 e il 5 aprile, quando sono partiti 10 spari contro una finestra in via Console Marcello. Destinataria dell’avvertimento una donna che doveva testimoniare in un processo per pestaggio. Del gesto è stato accusato il figlio della portiera, L.A., una donna boss che gestisce alcuni appartamenti sfitti di un palazzo nel quartiere Niguarda. E’ lei che si occupa di disinnescare gli allarmi e far “accomodare” le persone, dietro compenso ovviamente. Oltre a lei, Anna Cardinale, figlia di Giovanna Pesco, chiamata la “signora Gabetti” perché è stata una vera e propria agenzia immobiliare di alloggi da occupare.
Una soluzione a questa vergogna è ancora lontana. Domenico Ippolito, direttore generale dell’Aler, spiega: “Dal primo ottobre il Comune ci ha riaffidato la gestione del suo patrimonio (30 mila case) che prima era in mano a tre privati (Gefi, Romeo, Pirelli Re). Stiamo cercando di eliminare le sacche di illegalità laddove è possibile”. I tempi si allungano, mentre le richieste di assegnazione di un alloggio convenzionato raggiungono quota 20 mila. Nella città della finanza, della moda, del lusso, della “bella vita”, del tutto e subito, chi ha bisogno di un tetto, farà prima a rivolgersi a qualche clan, che alle istituzioni.
Alessandra Maiorano