Mancano ormai poche ore al via della manifestazione indetta per oggi pomeriggio alle 17 a Piazza Navona a Roma contro il bavaglio che il Governo vorrebbe mettere all’informazione mediante l’approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni. Il prossimo 29 luglio, nonostante i dubbi e i tentennamenti del Presidente della Camera Fini, dovrebbe concludersi l’iter parlamentare, forzatamente compresso per volere di Berlusconi con il bene placet di Bossi e della Lega.
Appuntamento anche in altre piazza italiane, con il contributo della Federazione Nazionale della Stampa e del Popolo Viola, che rilancia anche la mobilitazione nazionale per il prossimo 9 luglio, quando anche i giornalisti scenderanno in sciopero.
La diretta della manifestazione evento di Piazza Navona, che prenderà il via intorno alle 16.30, sarà visibile anche sulla rete, ad esempio su Libera.tv, grazie al progetto “Libera Rete”, una “maratona in diretta online a reti unificate”.
Nel frattempo, in attesa di registrare la quantità e la qualità della mobilitazione che vivremo nel pomeriggio, già lo scenario attuale si presta a varie riflessioni sui bavagli che ostacolano la libera informazione del nostro Paese.
Non sono solo le conseguenze del ddl sulle intercettazioni, in particolare divieto di pubblicarle a processo in corso, carcere per i giornalisti, mani legate per i blogger, limitazioni sul loro utilizzo che avrebbero reso impossibili moltissime inchieste su mafia, “cricche” e simili, a minacciare la libera informazione di questo Paese.
Esistono, infatti, moltissimi altri bavagli che i giornalisti, magari gli stessi che oggi e domani si ergeranno a paladini della libertà, scelgono autonomamente di indossare per lasciare che altri filtrino le loro parole e la loro libertà.
C’è il bavaglio che induce a parlare di “assoluzione dopo il 1992” anziché di “condanna per mafia fino al 1992” per il braccio destro di Berlusconi Marcello Dell’Utri, c’è il bavaglio che ti obbliga a dimenticare che 20mila cittadini aquilani lo scorso 16 giugno sono scesi in piazza contro la non ricostruzione di Governo e Protezione Civile, c’è il bavaglio che ti fa descrivere come delinquenti gli immigrati di Rosarno che si rivoltano contro la mafia e per il resto dell’anno ti porta a ignorare la realtà di migliaia di nuovi braccianti sfruttati e schiavizzati nelle campagne del Sud, c’è il bavaglio che ti porta a riempire colonne e colonne sull’Onda verde iraniana e ti fa ignorare l’esistenza di un golpe, in Honduras, che ha trucidato in poche settimane decine e decine di cittadini e ha devastato, con il tacito assenso Usa, il tentativo del popolo honduregno di conquistare la democrazia e più giustizia sociale, c’è il bavaglio che ti fa scrivere sotto dettatura editoriali di fuoco contro quei criminali che vanno in Val Susa per scontrarsi con la polizia, quando 50mila valligiani, uomini, ragazzi, donne e bambini, sono scesi in piazza per dire no alla Tav voluta dai potentati di destra e di sinistra, c’è il bavaglio che lascia morire nel silenzio e nell’indifferenza i morti sul lavoro, eccezion fatta solo per i militari uccisi per contentare l’alleato a stelle e strisce, e le vittime della crisi, i licenziati, i disoccupati, quelli che si sono ammazzati per non dover tornare a casa senza avere un futuro, e nemmeno un presente, da offrire alla propria famiglia.
Questi bavagli, e tanti altri, non sono responsabilità di Berlusconi. Sono responsabilità di chi sceglie di indossarli, di chi consapevolmente sceglie, anche dalle colonne dei quotidiani paladini della libera informazione, di uccidere questo Paese.
Mattia Nesti