“Non si può lasciare il Paese in questa situazione. Se la maggioranza non ce la fa, se non ce la fanno, bisogna pensare a qualche altra ipotesi“.
Con queste parole il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani ha di fatto spalancato le porte alla possibilità che, qualora venisse a mancare la maggioranza parlamentare su cui si poggia il Governo di Berlusconi, si possa andare verso la formazione di un governo tecnico o di una grande maggioranza trasversale agli schieramenti.
“Ghe pensi mi non è la medicina, è la malattia. E ci porta contro il muro. – ha continuato, scagliandosi contro il Presidente del Consiglio e il minstro Tremonti – Berlusconi lo dice da 7 anni e sono 7 anni che ‘ghe pensa lu, prima o poi di questo dovranno convincersi anche i contraenti di questa maggioranza, […] non sono in grado di governare la nave che è senza rotta e nel contempo ci sono una quantità di problemi. […] Ricordo che è stato Tremonti stesso a ripianare i buchi di bilancio dei Comuni di Palermo e Catania guidati da cialtronissimi del centrodestra”.
La necessità di evitare le elezioni anticipate, per il Partito Democratico, potrebbe nascere sia da un interesse “di bottega” legato ai sondaggi che mostrerebbe l’incapacità del partito di Bersani di catalizzare il dissenso verso Berlusconi e le destre al Governo, sia dall’intento di garantire, in quanto forza politica che auspica ad entrare nelle grazie dei potentati economici del Paese, l’attuazione di quelle norme “lacrime e sangue”, imposte dall’Unione Europea e dal capitalismo internazionale, che la maggioranza dei democratici non ha mai criticato frontalmente, condividendone l’ineluttabilità e limitandosi a chiedere al Governo di essere sincero con il “popolo” (Enrico Letta docet).
Mettere in discussione il sistema che ha portato alla crisi mai, tagliare e far tirare la cinghia a chi lo fa da sempre sì, ma l’importante e farlo dicendolo chiaramente.
E, allora, se la maggioranza dovesse saltare, magari per i dissidi interni al Popolo delle Libertà o per il sorgere di problematiche sulla strada del federalismo leghista, se Berlusconi non riuscisse a garantirsi la maggioranza per governare, facendo tornare a casa il figliol prodigo Casini, il Partito Democratico potrebbe essere pronto a cogliere la palla al balzo per varare una grande coalizione all’insegna di un programma moderato, legato alle esigenze di alcuni potentati del Paese anch’essi stanchi del vuoto folklore del Presidente del Consiglio.
La piena realizzazione, quindi, di quel partito allergico alla parola “compagni” che protesta contro lo spazio riservato dalla Rai alle posizioni espresse dalla Fiom sul ricatto fatto da Fiat ai lavoratori di Pomigliano.
Intanto Dario Franceschini, ex segretario Pd, ha lanciato, in vista della discussione parlamentare del ddl intercettazioni, un primo assist ai futuri compagni di governo tecnico. “Siamo pronti – ha spiegato – a votare gli emendamenti dei deputati finiani”.
Mattia Nesti