Tutto il mondo è paese, mettiamola così. Non siamo solo noi in Italia a vivere di strani stravolgimenti ideologici, cambiando opinione o pensiero su qualcuno o qualcosa in base ad un semplice risultato. No, ieri abbiamo scoperto che anche in Brasile (patria dove il calcio è paragonabile ad una vera e propria religione) l’umore va dove porta il vento. Fino a due giorni fa, Carlos Dunga era considerato dai più una sorta di sergente di ferro invincibile. Con la sua abilità nel compattare il gruppo, egli era riuscito a vincere sempre. Pur non divertendo, pur non mostrando un futbol ‘bailado’, il suo Brasile era stato praticamente perfetto ed impeccabile nell’intero quadriennio. E’ bastato un semplice episodio, un autogol, e lo stravolgimento è stato immediato. Nell’ordine, Dunga ha prima visto Julio Cesar e Felipe Melo scontrarsi e la palla terminare goffamente in rete. Poi lo stesso Melo perdersi Sneijder nell’azione del 2-1 e sempre il disastroso mediano juventino farsi espellere per ’scarpata volontaria’ ai danni di Robben.
Da qui a risalire alle responsabilità di Dunga per la sconfitta con l’Olanda, è alquanto difficile. Qualcuno penserà: ok, ma chi ha avuto l’idea di schierare Felipe Melo? Francamente, pur venendo da una stagione deludente in maglia juventina, l’ex mediano viola ha sempre fornito prestazioni convincenti nella Seleçao. Sta poi ad un ragazzo di 27 anni, ormai maturo, capire come e in che modo controllare i propri nervi in un quarto di finale mondiale. Ma aldilà delle eventuali responsabilità specifiche di Dunga nella singola partita, gli inferociti brasiliani (neanche fossero ‘azzurri’ nell’anima) hanno riportato in auge il discorso convocazioni. Ronaldinho e Pato a casa? Un vero e proprio scandalo, secondo molti. Già, probabilmente solo un tipo come Dunga avrebbe mai avuto il coraggio di escludere simili campioni, mettendosi contro l’intera stampa verdeoro. Ma come detto, i risultati lo hanno sempre confortato. Dalla vittoria in Coppa America sino alla Confederations Cup. Vincere un mondiale non è uno scherzo, tutto deve coincidere. Il Brasile, gioco o non gioco, si era dimostrato la squadra più forte e compatta del lotto. Era la favorita numero uno, la più indiziata e meritevole del titolo. Solo l’imponderabile magico del calcio le ha messo i bastoni fra le ruote. Tutto quel che ne segue, sono chiacchiere e discussioni da bar, che spesso poco hanno a che fare con la lucidità e la serenità di giudizio. Il Brasile del 2002, guidato da Luiz Felipe Scolari, era tutt’altro che spettacolare e travolgente, ma vinse in virtù di un Ronaldo ispirato ed abile a concretizzare il lavoro di sacrificio della squadra. Otto anni fa, all’indomani della Coppa alzata al cielo da Cafu a Yokohama, nessuno ebbe il coraggio di lamentarsi. Chissà come mai…
Alessio Nardo