Roma, 07 luglio. Soffrire di una malattia come la sclerosi multipla, curarsi ottenendo benefici con un farmaco a base di marijuana, e ritrovarsi denunciati per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. Non è uno scherzo, ma una triste realtà, dove la sensibilità e il buon senso hanno lasciato il posto ad una incomprensibile smania di legalità. Se da un lato un consigliere della provincia di Roma viene trovato in stato confusionale dopo aver assunto cocaina e passato una notte con transessuali, per puro divertimento e piacere, dall’altro Andrea Trisciuoglio, 32 anni, malato di sclerosi multipla, viene trattato da spacciatore e criminale.
Trisciuoglio vive a Foggia con la moglie, il figlio di sedici mesi, e questa brutta malattia. Per curarsi assume un farmaco a base di cannabinoidi, che contiene due principi attivi estratti dalla canapa, il Badiol, rimborsato dal servizio pubblico e la cui distribuzione è regolarmente autorizzata da una delibera regionale del 9 febbraio 2010. Racconta Trisciuoglio: “La prendo da circa un anno e mi ha fatto bene. Mi muovevo a fatica. Ora non ho spasmi, dolori e la rigidità tipiche di questa degenerazione del sistema nervoso. E già questo è sufficiente per affermare che la medicina è valida. A me basta aver riacquistato l’autonomia”. Eppure, sabato mattina hanno bussato alla sua porta i Carabinieri, che una volta entrati hanno perquisito la casa, per trovare due boccette del farmaco. “Mi hanno trattato come un criminale. Sarebbe bastata una ricerca su Google per scoprire la triste verità. Sono un malato di sclerosi multipla. Non uno spacciatore. Solo per questo nell’armadietto tengo un farmaco che contiene cannabis”. E invece no, è scattata la denuncia in base all’articolo 73 del decreto 309-90, ovvero per detenzione finalizzata allo spaccio di stupefacenti.
Francesco Schittulli, presidente della Lilt, la lega italiana per la lotta ai tumori, afferma che: “in caso di patologie capaci di compromettere seriamente la qualità della vita la prescrizione di farmaci con cannabinoidi sia più che dovuta”, mentre Maria Antonietta Coscioni, presidente dell’omonima associazione, commenta: “Un episodio ingiustificabile. Un’esibizione di arroganza e cecità”. Il legale d’ufficio di Trisciuoglio spera che l’inchiesta venga archiviata, mentre l’uomo promette: “No, non finisce qui. Perché non deve accadere ad altri”.
Alessandra Maiorano