La depressione, patologia dell’umore, raddoppia il rischio di demenza in età avanzata (la disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali che porta a un declino delle facoltà cognitive della persona) e favorisce la morte prematura.
La depressione è un disturbo dell’umore, caratterizzato da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali e somatici che compromettono il “funzionamento” di una persona e le sue abilità ad adattarsi alla vita sociale. A rivelare i seri rischi e la loro correlazione con la depressione sono due studi pubblicati rispettivamente sulla rivista Neurology e sul British Journal of Psychiatry.
Il primo è stato condotto dall’Università del Massachusetts e diretto dalla dottoressa Jane Saczynski, professore associato di medicina. Ipotizzando un collegamento tra depressione e demenza senile, gli esperti hanno sottoposto 1.239 persone, con un’età media di 79 anni, a test fisici e psicologici. Il 22% di coloro che soffrivano di depressione ha sviluppato forme di demenza, rispetto al 16,6% che non ne soffrivano; in percentuale, chi era affetto da depressione aveva il 30% di probabilità in più di sviluppare demenza in là nel tempo. Secondo i ricercatori la presenza di un gruppo di proteine che si accumula nel cervello, a causa della depressione stessa, favoriscono uno stato d’infiammazione che porterebbe alla perdita delle facoltà cognitive.
Il secondo studio, condotto dall’Università di Bergen (Norvegia) e dal King’s College (sezione Institute of Psychiatry) di Londra, è stato diretto dal dottor Robert Stewart. Questa volta, prendendo in esame 60.000 soggetti, per una durata di 4 anni, è stato notato che la depressione aumenta persino il rischio di morte prematura. La malattia riesce infatti a indebolire il sistema immunitario sino a debilitarlo completamente. Tale rischio però risulta minore nei soggetti con il duo depressione-ansia, come spiega il dottor Stewart: “Sembra che ci troviamo di fronte a due gruppi di rischio con dinamiche differenti. È possibile che ciò sia dovuto al diverso metodo di richiesta di aiuto da parte dei pazienti. Mentre quelli depressi difficilmente si interrogano sui possibili sintomi fisici, che ritengono causati dalla depressione, le persone depresse ma anche ansiose chiedono aiuto alla ricerca di sicurezza”.
I ricercatori sottolineano la necessità di altri studi, tuttavia credono che fattori come la dieta (omega 3, colesterolo basso), lo stile di vita (non fumare), la quantità di tempo dedicato all’impegno sociale possano influenzare la chimica del cervello.
Adriana Ruggeri