Corte Costituzionale: stop ad aggravante di clandestinità

Lo scorso 10 giungo, la Corte Costituzionale si era pronunciata in merito all’aggravante di clandestinità (pene aumentate di un terzo se a compiere un reato è un immigrato presente illegalmente in Italia), introdotta con il primo pacchetto sicurezza varato dal governo Berlusconi e divenuto legge nel luglio del 2008. Nella giornata di ieri, i giudici della Consulta hanno depositato le motivazioni di quella sentenza.

Secondo quanto si legge nel documento, l’aggravante di clandestinità è in netto contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, “che non tollera irragionevoli diversità di trattamento”, ritenere quindi più gravi “i comportamenti degli stranieri irregolari rispetto a identiche condotte poste in essere da cittadini italiani e comunitari”.

La norma bocciata dalla Corte, spiega il relatore della sentenza Gaetano Silvestri, presumeva nei fatti che l’immigrato irregorale fosse più pericoloso di qualsiasi altra persona, con conseguenze sulle sanzioni imposte alla violazione di qualsisi legge.

A detta della Consulta, la norma si pone in contrasto anche con l’articolo 25 della Carta Costituzionale che prevede che un soggetto debba essere sanzionato per le condotte tenute e non per le sue qualità personali. L’inasprimento delle pene “ha posto le premesse – si legge nella sentenza – per possibili duplicazioni o moltiplicazioni sanzionatorie, tutte originate dalla qualità acquisita con un’unica violazione delle leggi sull’immigrazione, ormai oggetto di autonoma penalizzazione, e tuttavia priva di qualsivoglia collegamento con i precetti penali in ipotesi violati dal soggetto interessato”. Il giudizio di pericolosità di un soggetto – conclude la Consulta – deve essere il risultato di valutazioni fatte caso per caso e non può essere dedotta automaticamente.

Da ricordare che la Corte Costituzionale ha valutato incostituzionale l’aggravante di clandestinità, appoggiando invece il reato di clandestinità in sè per sè.

Di Marcello Accanto