Sì, è stato coinvolto anche lui, il giudice Mesiano, nella discussione che dovrebbe portare all’approvazione della manovra economica. Protagonista della vicenda Fininvest-Cir, Raimondo Mesiano è quello che ha condannato la prima a risarcirae la seconda della modica cifra di 750 milioni di euro, circa. Appena emessa la sentenza, dalle tv Mediaset veniva sfornato un servizio, che ha portato anche alla sospensione del giornalista Claudio Brachino da parte del ODG, che “attaccava” Mesiano. Senza voler rivangare il passato, il servizio trasmesso da Canale 5 era risultato, agli occhi dei più, decisamente particolare.
In ogni caso, l’oggetto della discussione è un emendamento, presentato dal PdL, che punta ad accelerare i procedimenti per i processi civili; la capogruppo alla Camera della commissione giustizia, Donatella Ferranti, PD, al telefono con l’agenzia Reuters si è espressa negativamente a riguardo:
“È un dato oggettivo, con un provvedimento per eliminare gli arretrati si creano i presupposti per la sospensione di procedimenti di appello come il famoso lodo Mondadori La norma è certamente utilizzabile da Fininvest“. L’adozione di un tale provvedimento rimanderebbe per circa 9 mesi il processo Finivest-Cir e pare di capire che la Ferranti sia preoccupata proprio di questo. All’esponente dell’opposizione risponde però la stessa Finivest, facendo notare come, dopo aver istituito una fideiussione di 806 milioni di euro, quindi superiore all’intero importo della cifra che il giudice Mesiano ha imposto di pagare a Fininvest, l’interesse di quest’ultima sia tutto nel concludere il prima possibile il processo, piuttosto che prolungarlo:”Stupore e sdegno di fronte all’insinuazione secondo cui l’azienda sarebbe interessata ad un rallentamento del processo d’appello per la vicenda lodo Mondadori. Risibile il solo pensarlo.Basta conoscere i fatti per sapere che è vero esattamente il contrario. Il gruppo infatti è pienamente convinto che le proprie buone ragioni verranno riconosciute e ha rilasciato a favore di Cir una fideiussione pari a 806 milioni di euro: pertanto ha interesse, onde evitare anche ulteriori costi ed appesantimenti finanziari, che la trattazione nel merito rispetti un iter il più spedito possibile”.
In tutto questo, il “povero” Mesiano, dopo aver emesso la sua sentenza che l’ha portato alla ribalta delle cronache, è tornato a fare la vita di tutti i giorni, forse addirittura ignaro di avere un ruolo non da poco, magari suo malgrado, nell’approvazione della manovra economica, istituita per giunta in un momento di crisi.
A.S.