Roma, 11 luglio. Impresa progettata dal figlio di Gheddafi, Seif Al Islam Gheddafi. È partita per destinazione sconosciuta e ancora misteriosa una nave salpata dal porto greco di Lavrio, carica di aiuti umanitari destinati a Gaza.
Lite scatenata su dove attraccherà la nave, con bandiera moldova, dal nome Amalthea. 92 metri di lunghezza per una imbarcazione che si teme faccia scoppiare a breve ingenti pericoli nei rapporti diplomatici, infrangendo alcuni accordi sui divieti di navigazione.
“Abbiamo ricevuto assicurazioni da parte dell’ambasciatore libico che il cargo arriverà al porto di El Arish”, in Egitto, ha dichiarato il portavoce del ministro degli Esteri greco, Grigoris Delavekouras. Ma in serata è già arrivata, ieri, un’altra versione, proveniente direttamente da chi quella nave l’ha messa in acqua, per così dire. Il direttore esecutivo della Fondazione Gheddafi, Yussef Sawan, ha infatti candidamente dichiarato: “La nave si dirige verso Gaza, come previsto”. Cosa c’è di strano? Sembrava voler dire.
Le duemila tonnellate di aiuti umanitari che costituiscono il carico della nave della discordia sono principalmente distribuite tra cibo e medicinali. L’intero equipaggio è costituito di 21 persone, compresi i 12 responsabili della navigazione. Gli altri nove sono sei libici, un nigeriano, un marocchino e un algerino.
Sono ad ogni modo all’opera in queste ore le forze diplomatiche interessate, in una fitta comunicazione che sembra aver già unanimemente chiarito che l’imbarcazione non forzerà il blocco marino imposto alla striscia di Gaza dalle autorità israeliane, che sono state allertate al massimo grado.
E’ poi arrivata, però, una telefonata alla sede dell’Afp da parte ancora di Yussef Sawan, che in questa situazione si è fatto portavoce della famiglia Gheddafi, che ha precisato che la rotta è lineare e decisa, proprio verso la Striscia di Gaza. Nessun tentennamento in parole, progetti ed azioni, dunque, dalla Libia. Anche il deputato arabo-israeliano Ahmed Tibi ha garantito che tutte le informazioni ci dicono che la nave sta facendo innegabilmente (e nessuno ha negato, in effetti) rotta verso la Striscia, “come inizialmente previsto”.
Proprio da Gaza, altri organizzatori dell’impresa dichiarano la stessa cosa. Il deputato Jamal al-Khudari ha dichiarato ufficialmente che i passeggeri libici a bordo della nave sono convinti e tutti determinati a forzare il blocco israeliano, ignorando gli accordi. “Sono decisi ad approdare a Gaza e non in altri porti”, ha precisato perentorio al-Khudari.
Tensione nei mari della rovente Striscia, dunque, che al momento è di continuo pattugliata dalla Marina Militare israeliana. Non è neppure una impresa senza precedenti, né senza precedenti sarebbero eventuali danni e rischi cui sembrano coraggiosamente volersi sottoporre, in modo forse anche alquanto inutile e poco produttivo, i 21 della nave dello “strano caso”. Già lo scorso 31 maggio, infatti, ricordiamo che la Marina Militare israeliana, vistisi invadere i territori marini della Striscia di continuo controllata, fece strage di una incauta nave da diporto turca, della quale nove attivisti filo-palestinesi dell’equipaggio vennero uccisi e decine di persone, non tutte interessate in modo attivo agli scontri, rimasero gravemente ferite.
Aiuto umanitario, o provocazione suicida, dunque, per la nave che in questi momenti è diretta “non-si-sa-bene-dove-né-perché”? Staremo ad assistere in queste ore al seguito, ed all’epilogo che si spera non sia tragico. Al solito, non possiamo che guardare, nella speranza che informarci ed informare possa, nel lungo termine, portare a risultati i-quali-non-si-sanno-ancora.
Sandra Korshenrich