Il puzzle che la procura di Roma sta tentando di ricomporre si arricchisce di tasselli sempre nuovi. L’inchiesta avviata per fare luce sull’esistenza della presunta nuova P2 e sulle pressioni esercitate dai suoi adepti per condizionare alcune scelte politiche (e non solo) ha ieri investito anche l’assessore regionale della Campania con delega all’Avvocatura, Ernesto Sica.
Dopo gli arresti – avvenuti giovedì – di Flavio Carboni, Raffaele Lombardi e Arcangelo Martino e dopo il coinvolgimento del coordinatore del Pdl, Denis Verdini (per il momento soltanto inquisito), anche sull’assessore campano grava il sospetto di aver preso parte alla loggia massonica del terzo millennio, propensa ad annodare rapporti con i poteri forti del Paese per conquistare nomine strategiche e guadagni.
L’accusa formalizzata contro Ernesto Sica riguarderebbe nello specifico il suo tentativo di infangare l’onorabilità e la credibilità politica dell’attuale governatore della Campania, Stefano Caldoro. Sica – uomo vicino a Nicola Cosentino – avrebbe molto insistito (secondo la ricostruzione dell’accusa) sulla candidatura di quest’ultimo a presidente della Regione e per neutralizzare la minaccia rappresentata dal competitor interno al Pdl avrebbe deciso di orchestrare un piano diffamatorio ai danni di Caldoro.
Con l’ausilio di Martino, Carboni e Lombardi, l’assessore regionale all’Avvocatura avrebbe deciso di diffondere un falso dossier (veicolato attraverso alcuni siti Internet e ripreso da diversi blog) in cui si faceva esplicito riferimento ai gusti sessuali di Caldoro, ribattezzato il “Marrazzo della Campania”, e ai suoi rapporti di “collaborazione” con la camorra.
Un piano sinistro, studiato nei minimi dettagli, e supportato anche dalla finta testimonianza di un finto pentito che confermava la vicinanza di Caldoro agli ambienti malavitosi. I reali guai giudiziari di Nicola Cosentino e la serenità ostentata da Caldoro all’indomani della notizia della circolazione del falso dossier avrebbero però fatto la differenza. Il sottosegretario all’Economia, investito da una richiesta di arresto per contiguità con la camorra (secondo l’accusa gli adepti della presunta “cricca” sono riusciti a procurargli la “clemenza” in Parlamento) è costretto a rinunciare alla sua candidatura alla guida della Campania e per Stefano Caldoro la strada si fa più piana.
La notizia del documento diffuso per gettare fango sull’attuale presidente dei campani ha esasperato le fibrillazioni all’interno del Pdl: Italo Bocchino ha ieri chiesto l’intervento del premier e pressato sulla necessità di richiedere all’assessore Sica le immediate dimissioni. Che di fatti sono arrivate nella tarda serata di ieri. Ma non è tutto perché i sospetti sull’attività condotta dalla presunta P3 riguarderebbero anche altri personaggi strategici della politica e della magistratura come il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri, il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, il magistrato Antonio Martone e Arcibaldo Miller, capo degli ispettori del ministero della Giustizia.
Su di loro la procura di Roma starebbe per il momento svolgendo dei normali accertamenti per comprendere quanto l’eventualità che abbiano preso parte alla sospetta loggia massonica possa ritenersi praticabile. Intanto il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, ha rimarcato la sua completa estraneità alle accuse formulate contro di lui: “Non ho mai costituito associazioni segrete né fatto pressioni – ha detto ieri – Sono pronto a chiarire tutto davanti ai magistrati nella speranza che cessi questo incredibile fiume di fango e di menzogne che viene riversato sulla mia onorabilità”.
Più o meno quanto riferito anche dall’assessore Ernesto Sica: “Confermo l’intenzione di rassegnare le dimissioni – ha detto – nonostante la mia totale estraneità ai fatti che potrò dimostrare in sede giudiziaria”.
Maria Saporito