‘Volevo essere Moccia’, un’esilarante romanzo di Alberto Bracci Testasecca

Federico Moccia paga non poco il suo enorme successo ricevendo diverse critiche sia dal mondo letterario sia dai lettori. Lo scrittore romano, reo di adottare uno stile da alcuni considerato troppo giovanile, volgare e palesemente commerciale, se l’è dovuta vedere spesso proprio con un vero filone “Anti-Moccia“, nel quale i libri del figlio di Pipolo sono accusati di essere fra le cause del degrado delle nuove generazioni.

Fuori da questa atmosfera accanita si colloca senz’altro il romanzo di Alberto Bracci Testasecca. Si intitola Volevo essere Moccia (La Lepre Edizioni, 168 pagine, 16 euro) e più che una critica al celebre scrittore sembra essere invece una storia che parla dell’effetto-Moccia, ma non solo. L’invenzione narrativa è semplice e procede su due diversi binari atti a raccontare e a delineare il corpus del romanzo. Una ragazza di nome Marilù, 26 anni, entra in coma e si risveglia trentottenne. La giovane realizza le molte cose cambiate durante la sua assenza. Una simpatica parrucchiera, ombelico di fuori e pantaloni succinti, allo stupore di Marilù per questo suo abbigliamento si incarica di informare la protagonista di tutti i cambiamenti avvenuti in Italia. Le dice del Grande Fratello, di Berlusconi e dei “film belli” usciti al cinema, che sono ovviamente tratti proprio dai romanzi di Moccia, quello che “ha fatto la battaglia dei lucchetti”.

L’altro binario del racconto è riservato a Luciano Košak, scrittore fallito e praticamente ignorato nel panorama letterario. Il suo libro, In viaggio fra i ghiacci della tua crudeltà, non ha riscosso alcun successo e così lo scrittore si decide di scrivere qualcosa che possa finalmente farlo conoscere, un libro come quelli che scrive Moccia. Scrive perciò Cioè non ti lascio, la storia dei due giovani Max e Beba in un romanzo con il quale spera di sconfiggere il più famoso collega che rende praticamente impossibile la carriera agli altri scrittori.

Volevo essere Moccia non è un libro scritto contro Moccia. E’ forse un’opera di parodia, fresca, dove tra l’altro Testasecca si diverte ed imitare l’amatissimo stile del collega di Tre metri sopra il cielo ed altri bestsellers. Lo stesso Košak nel romanzo ammetterà: “Moccia è un genio”. Il libro non è volto perciò a sminuire o criticare Federico Moccia, bensì a mostrare come la sua opera sia collocata all’interno della società odierna. Dissacrante il matrimonio di compromesso fra Marilù, finita in coma per uso di eroina, e Roberto, ragazzone per anni chiuso in stanza davanti a giochi di ruolo sui templari, sui draghi e sui castelli. I due cercheranno di sposarsi per farsi comprare casa dai genitori e qui tornare indisturbati a coltivare i rispettivi vizi.

Fonte ilMessaggero.it

Andrea Camillo