Il servizio sanitario della regione Lazio è fortemente incentrato sugli ospedali e dopo che i cittadini ne escono si sentono soli e abbandonati. Mancano servizi adeguati per l’assistenza ad anziani non autosufficienti o di continuità assistenziale e tra due ospedali si trova una forte differenza, ma molto spesso c’è anche tra reparto e reparto.
Una scarsa informazione e comunicazione con i cittadini che è emersa dal II Rapporto Audit civico del Lazio, realizzato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, in collaborazione con la Regione Lazio, presentato ieri a Roma.
La presidente della Regione Renata Polverini, presente all’incontro, ha confermato però che qualcosa sta cambiando. Deve essere chiaro a tutti che in regione l’aria è cambiata e che l’obiettivo primario è quello di garantire efficienza e accessibilità nel sistema sanitario. Noi abbiamo tutte le potenzialità per farlo”, ha detto. “Tutti nel corso degli anni abbiamo avuto la stessa ricetta, tutti pensiamo che sia l’altro a dover fare qualcosa, nessuno ha la consapevolezza che ognuno deve fare qualcosa per cambiare passo perché se questo sistema ha prodotto un debito e l’insoddisfazione dei cittadini significa che non funziona. Vorrei quindi che tutti avessero la consapevolezza che bisogna collaborare”.
Dal rapporto, stilato coinvolgendo 120 cittadini che hanno analizzato 111 strutture sanitarie, si evidenzia “una sanità basata totalmente sugli ospedali, con un territorio non in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini e ai compiti affidatigli dai piani sanitari nazionale e regionale”.
Ne emerge, dunque, una sanità regionale in cui convivono strutture eccellenti e inefficienti. Un dato che però non riguarda solo realtà diverse, ma anche di una stessa azienda.
Un altro dato allarmante che emerge dal rapporto è la mancanza dei servizi essenziali ai non cattolici, come ad esempio le forniture di pasti alternativi. “Quello che chiediamo con urgenza alla Regione – dice il segretario regionale di Cittadinanzattiva Giuseppe Scaramuzza – è di strutturare un’assistenza domiciliare 7 giorni su 7. Ciò significa evitare non solo ricoveri impropri, ma sgravare le famiglie da un onere economico e assistenziale pesantissimo, oltre che a fornire un’adeguata assistenza sanitaria. Proponiamo anche che ai direttori generali vengano forniti degli obiettivi civici su cui valutare ogni 18 mesi le capacità manageriali.”
Daniela Ciranni