“Quel che a occidentali ed ebrei non va giù dell’Iran, è l’aspirazione alla libertà”

Secondo quanto è stato riportato dalla gran parte dei media occidentali nell’ultimo anno, le elezioni presidenziali in Iran del 12 giugno 2009 sono state manipolate per favorire la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. A suo parere, ciò corrisponde alla realtà del fatti ? E quali prove dei brogli hanno portato Mir-Hossein Mousavi e gli altri leader dell’opposizione ?

“L’ipotesi sostenuta da Mousavi che le elezioni erano state manipolate è in realtà una menzogna. Né lui né i suoi collaboratori hanno portato prove convincenti o credibili per sostenere tale pretesa. Ciò ha fatto ritenere a molti osservatori che la sua campagna per le presidenziali assomigliasse più ad un tentativo di colpo di stato – o, più precisamente, ad un colpo di stato “soft”, a differenza di un tradizionale colpo di stato militare – che ad una vera e propria campagna elettorale. Il progetto sembrava essere stato modellato sulle rivoluzioni colorate avvenute in alcuni paesi ex sovietici, come Georgia e Ucraina. Una trama che prevede la trasformazione del contesto elettorale in un’opportunità per destabilizzare il regime al potere e potenzialmente rimpiazzarlo.

Probabilmente ciò spiega perché Mousavi si dichiarò vittorioso addirittura prima della chiusura dei seggi. Ma anche il motivo per cui lo stesso ex primo ministro iraniano annunciò che le elezioni erano state segnate da diffuse irregolarità nel momento stesso in cui apprese di essere stato sconfitto da Ahmadinejad. Inoltre, addirittura mesi prima del 12 giugno, l’entourage di Mousavi – sia in Iran che all’estero – aveva iniziato a diffondere voci che ci sarebbero stati brogli durante le presidenziali.

Nella realtà dei fatti, al contrario, sembra chiaro che le elezioni non sono state manipolate. A conferma di ciò c’è non solo il riconteggio ufficiale dei voti espressi (provincia per provincia, città per città, urna per urna), ma anche una serie di analisi dei risultati condotte da organizzazioni autorevoli e indipendenti, tra cui alcune americane. Nessuna di esse ha messo in discussione la correttezza dei risultati ufficiali”.

La contestata elezione vinta nettamente da Ahmadinejad innescò violenti scontri tra il cosiddetto “Movimento Verde” e le autorità governative. Fu un movimento di protesta spontaneo oppure venne alimentato dall’Occidente, come sostenne il governo ? In ogni caso, come valuta lei da esperto e studioso il supporto pressoché incondizionato fornito al movimento di protesta dai media, dagli osservatori e dai politici occidentali ?

“Le dimostrazioni seguite alle elezioni del 12 giugno non furono né totalmente spontanee né totalmente fomentate dall’estero. Ci furono sia elementi di spontaneità sia provocazioni esterne. Tra gli oligarchi, le élites, i ceti più benestanti e più istruiti le proteste furono spontanee o, più precisamente, risultarono “naturali”. Queste persone non avevano bisogno di provocazioni, in quanto rappresentavano la base sociale e lo zoccolo duro dei sostenitori di Mousavi. Il loro appoggio a Mousavi e la seguente partecipazione alle proteste di piazza contro il governo rispondevano alle loro aspirazioni a poter eguagliare in Iran lo stile di vita dei loro pari in Occidente.

Per un breve periodo di tempo, cioè per poche settimane prima e dopo le elezioni presidenziali, i vertici del Movimento Verde e gli uomini più vicini a Mousavi riuscirono a fare breccia soprattutto tra i giovani di altre classi sociali con mezzi propagandistici non proprio corretti, false promesse e menzogne vere e proprie (come appunto il leitmotiv dell’elezione rubata). In questa campagna propagandistica il Movimento Verde ha di fatto ottenuto il sostegno occidentale: aiuti non solo finanziari, ma anche tecnologici (basti pensare all’importanza dei “social media” nel diffondere le notizie e le immagini delle proteste) e mediatici. Il successo della propaganda di Mousavi è stato però passeggero. Una volta che gli iraniani si sono resi conto della disonestà della sua campagna, specialmente quando è risultato chiaro che i risultati ufficiali delle elezioni non erano stati falsificati, il numero dei suoi sostenitori ha cominciato a diminuire. Molti iraniani si sono sentiti ingannati ed hanno abbandonato Mousavi e il Movimento Verde.

Per quanto riguarda le potenze occidentali e i media “mainstream”, va ricordata la loro avversione per il governo di Teheran, in particolare per Ahmadinejad, principalmente perché nell’Iran vedono un paese che ha spezzato il dominio imperialista in Medio Oriente e di conseguenza in tutto il mondo. Le accuse lanciate dall’Occidente (e da Israele) verso l’Iran – pensiamo alla questione del nucleare, ai diritti umani, al terrorismo, ecc. – non sono in realtà che una cortina di fumo o pura propaganda. La vera colpa dell’Iran, da questo punto di vista, è il fatto di voler essere riconosciuto come stato sovrano e padrone del proprio futuro. L’Occidente e Israele non possono tollerarlo, per questo cercano di destabilizzare il governo iraniano, così da poter installare un regime più accomodante – simile a quelli al potere in Egitto, Giordania, Arabia Saudita e in altri paesi alleati degli USA nella regione”.

Ad un anno dalle elezioni presidenziali, quali sono state le conquiste del Movimento Verde in Iran ? E soprattutto qual è l’attuale stato di salute dell’opposizione “riformista” e dei suoi leader (Mousavi, Karroubi) ?

“L’affermazione da parte del Movimento Verde che le elezioni presidenziali erano state manipolate ha causato parecchi danni all’Iran e al suo popolo. I preparativi prima del voto in vista di una possibile rivoluzione colorata, il rifiuto dei risultati elettorali e le proteste di piazza talvolta violente hanno provocato un’inutile turbolenza politica e sociale nel paese, ma anche ansia, distruzione e morte. Inoltre, la loro campagna disonesta, opportunistica e destabilizzante per far cadere il regime ha fatto il gioco delle forze imperialiste e sioniste, aumentando le pressioni sull’Iran. Di conseguenza, queste scosse sovversive hanno rinvigorito le forze di sicurezza iraniane. Alla fine, dopo aver resistito ai tentativi di destabilizzazione, sia interni che esterni, il governo di Ahmadinejad si trova ora in una posizione più salda di fronte alla società iraniana e maggiormente rispettato all’estero.

Così, mentre la posizione del presidente Ahmadinejad si è rinforzata rispetto al giugno 2009, e la situazione economica e lo status geopolitico dell’Iran hanno fatto segnare progressi significativi, le fortune dei suoi principali avversari (Mousavi, Rafsanjani, Karroubi e Khatami) sono in declino. Il Movimento Verde è oggi in stato di confusione e sull’orlo della disintegrazione. L’ex presidente Rafsanjani, vera eminenza grigia del Movimento Verde, è talmente screditato e indebolito politicamente, nonostante il potere che gli veniva accreditato e la sua presunta indipendenza, da dover riconoscere l’ayatollah Khamenei come il leader indiscusso della Repubblica Islamica. Mousavi, il principale sfidante di Ahmadinejad nelle presidenziali, a sua volta si trova chiaramente emarginato e la sua influenza pressoché svanita. I suoi proclami, occasionalmente pubblicati sul suo sito web, Kalemeh, risultano banali e vuoti, spesso derisi non solo dai sostenitori di Ahmadinejad, ma anche da molti ex esponenti del Movimento Verde che lo hanno ormai abbandonato”.

Quali sono le ragioni di questo declino del Movimento Verde ? Si può spiegare con la repressione governativa oppure è dovuto alle proprie contraddizioni interne ?

“La spiegazione più comune che viene fornita per questo declino fa riferimento alla repressione messa in atto dal governo dopo le elezioni. Tuttavia, pur essendo un fattore importante, il pugno di ferro adottato contro le proteste non spiega del tutto la situazione attuale. Le ragioni più importanti del declino del Movimento Verde risiedono altrove.

In primo luogo, Mousavi e i suoi alleati hanno orchestrato una campagna disonesta per le presidenziali. Come candidato, Mousavi, correva per la carica di presidente dell’Iran ma si è rifiutato di sottomettersi alla volontà della maggioranza degli elettori quando è risultato evidente che era stato sconfitto alle urne.

Mousavi è stato poi scorretto anche da un altro punto di vista, quando cioè ha fatto ricadere il peso delle sanzioni e delle pressioni occidentali esercitate nei confronti dell’Iran sulla politica del presidente Ahmadinejad. Il popolo iraniano, tuttavia, è ben consapevole che queste pressioni non hanno avuto inizio durante la presidenza di Ahmadinejad, bensì fin dalla rivoluzione del 1979. Non c’è quindi da sorprendersi se in molti hanno valutato come ingiusta, o quantomeno ingenua, questa accusa mossa ai danni di Ahmadinejad.

Un aspetto seducente di Mousavi all’inizio della sua campagna elettorale era l’apparente promozione dei valori democratici e delle libertà individuali. Tuttavia, ciò ha finito per ritorcersi contro di lui quando ha calpestato la volontà del popolo iraniano rifiutandosi di accettare il risultato delle elezioni. Inoltre, ben presto è risultato evidente che gli slogan vaghi e astratti che facevano riferimento alle libertà individuali e al rispetto dei diritti umani sembravano non includere il diritto alla soddisfazione dei bisogni elementari degli strati più poveri della società, come il diritto al cibo e alla casa, ma anche all’assistenza sanitaria e all’educazione pubblica.

Un fattore determinante nel declino del Movimento Verde è stato poi il suo carattere classista, cioè l’incapacità di coinvolgere i lavoratori e i ceti più poveri. Le masse iraniane hanno immediatamente riconosciuto la natura classista e neoliberista dell’agenda economica di Mousavi. Tanto più che quest’ultimo in campagna elettorale aveva bollato la spesa sociale del governo come uno spreco di risorse pubbliche che alimenta l’inoperosità dei più poveri”.

La contesa prolungata sul programma nucleare iraniano e l’inflessibilità dell’Occidente su tale questione può avere influito sulle sorti del Movimento Verde e dell’opposizione riformista ? Se sì, in che modo ?

“Come avevo già accennato in precedenza, l’accusa senza fondamento che l’Iran sta cercando di costruire armi nucleari è una scusa per giustificare le pressioni su Teheran (e probabilmente per andare verso un cambio di regime). Il recente accordo mediato da Brasile e Turchia per lo scambio dell’uranio arricchito iraniano ha dimostrato, ancora una volta, la disponibilità di Teheran a ridurre le tensioni internazionali in maniera pacifica. Allo stesso tempo, ciò ha messo in risalto l’inflessibilità degli Stati Uniti e dei loro alleati occidentali, i quali hanno snobbato questo importante accordo. La vicenda ha messo in luce l’opportunismo demagogico del Movimento Verde che aveva accusato la politica estera di Ahmadinejad per le pressioni esterne sull’Iran”.

Infine, lei ha scritto che oggi la posizione di Ahmadinejad è più salda rispetto ad un anno fa, nonostante le proteste seguite alle elezioni, e che l’economia iraniana, così come l’immagine del paese all’estero, è migliorata. In questo quadro, quali sono le possibilità per un progresso della democrazia in Iran ? E quale ruolo potrà giocare l’opposizione riformista in questo processo ?

“Innanzitutto va detto che nonostante la propaganda anti-iraniana, l’atmosfera politica e socio-culturale in Iran è molto più aperta e dinamica rispetto ad altri paesi mediorientali. In secondo luogo, se le libertà individuali e i diritti democratici hanno subito alcune restrizioni dopo le elezioni del giugno 2009, la colpa va assegnata in buona parte al Movimento Verde e ai loro sostenitori stranieri. Ci sono stati elementi all’interno del movimento che hanno fatto ricorso alla violenza (contro la proprietà e le forze di sicurezza), provocando reazioni altrettanto violente da parte governativa e appunto restrizioni dei diritti democratici. Se tali limitazioni in futuro aumenteranno o verranno abbandonate da parte del governo dipende soprattutto dal persistere o meno degli sforzi del Movimento Verde e delle forze imperialiste-sioniste per destabilizzare il regime.

In ogni caso, non si può dimenticare il fatto che attività sovversive volte a rovesciare un governo legittimo producono restrizioni delle libertà individuali e dei diritti democratici in qualsiasi paese del mondo. La responsabilità per tali restrizioni sono spesso assegnate in maniera scorretta: dal punto di vista occidentale la colpa è cioè sempre dei regimi che si vorrebbero vedere rovesciati (Iran, Cuba, Venezuela). Più correttamente, dovrebbero essere le forze sovversive e i loro sostenitori stranieri ad essere responsabili delle conseguenze delle loro attività.

È comunque evidente che una sana opposizione e ed una critica costruttiva sono la chiave per il miglioramento e il progresso di una società. È altrettanto ovvio che Ahmadinejad e il governo della Repubblica Islamica dell’Iran vanno criticati per molti motivi. Mousavi e il Movimento Verde avrebbero potuto giocare un ruolo importante nel campo delle libertà individuali e degli ideali democratici in Iran se non avessero puntato piuttosto sul rovesciamento di un governo eletto dal popolo.

Disinteressandosi del voto popolare, creando la menzogna di un’elezione rubata, mettendo in atto azioni violente per destabilizzare il governo, ignorando le aspettative e i bisogni delle masse, cercando e accettando l’appoggio di forze politiche di dubbia moralità all’estero, accusando Ahmadinejad per le pressioni esterne sull’Iran, il Movimento Verde ha perso quella credibilità che sarebbe stata necessaria per svolgere un ruolo positivo all’interno della società e per costruire una forza di opposizione costruttiva. Più di qualunque altra cosa, queste scelte hanno decretato il fallimento del Movimento Verde in Iran”. (nella foto: manifestazione a Saronno)

Michele Paris