Ogni tanto è giusto rispolverare qualche vecchio tema, anche se apparentemente non più di moda. O forse, chissà, in procinto di tornare ad esserlo. L’argomento è abbastanza delicato, giusto quindi affrontarlo nel modo giusto e alla ricerca di risposte valide e credibili che non sfocino immediatamente nella demagogia. Si parla di imprenditori stranieri, possibili acquirenti, gente facoltosa con l’eventuale intento di fare il proprio ingresso nel calcio italiano ed immettere denaro fresco. Tema vecchio, dicevamo, ma forse prossimo a tornare d’attualità. C’è la Roma in ballo, ed uno stato di ‘messa in vendita’ ormai acclarato. Compratori all’orizzonte? Al momento non molti, ma tra essi potrebbe spuntare l’elemento oscuro. La carta giusta, l’uomo o la cordata provenienti dall’estero. E non proprio da terre qualsiasi.
Giusto per far chiarezza: al momento non esiste una vera e propria trattativa tra Unicredit ed un potenziale compratore, né italiano né estero. Almeno questo è quanto ci viene detto. Certo, non fatichiamo a sospettare che in qualche segreta stanza ipotetici contatti siano stati già allacciati. E’ notizia di pochi giorni fa, riportata dalla Gazzetta dello Sport, il presunto incontro tra i vertici della banca di Piazza Cordusio ed alcuni emissari del fondo Aabar, per parlare sostanzialmente di Roma e del futuro giallorosso. Unicredit ha ufficialmente smentito tutto, ma è ovvio che l’indiscrezione abbia fatto subito il giro dell’emittenza romana, scatenando opinioni più disparate. C’è chi non si fiderebbe dell’eventuale arrivo degli arabi, e chi invece è pronto a versare lacrime di gioia pur di vedere la propria passione in mano a ricchi sceicchi.
Discorsi che filano, discorsi logici, ma non è questo il punto. La questione è: qualora ci fosse davvero un imprenditore straniero (di qualsivoglia nazionalità) pronto ad intervenire nel mondo del calcio italiano, con l’idea ambiziosa di spendere ed ottenere risultati, troverebbe uno o più ostacoli sul proprio cammino? E’ abbastanza curioso che in Inghilterra, tanto per fare un esempio, vi sia stato negli ultimi anni un vorticoso viavai di volti nuovi provenienti dall’estero: russi, americani, arabi. Di tutto e di più, col risultato di spedire in orbita il futbol britannico, sempre più ricco e competitivo. In Italia, questo non è finora accaduto. Eppure, qualcuno si è affacciato eccome. Visto il tema Roma che stiamo trattando, come non ricordare la Nafta Moskva di Souleiman Kerimov, vicinissima all’acquisto del club di Sensi nella primavera del 2004 e improvvisamente scomparsa nel nulla. Oppure George Soros, il magnate americano, per finire con Vinicio Fioranelli e la sua cordata svizzera. Tutti ad un passo dall’accaparrarsi il giocattolo e poi puff, spariti, evaporati. Ma citando altri esempi, ricordiamo volentieri Tim Barton per il Bari, Rezart Taçi per il Bologna, Lorenzo Sanz per il Parma. Affari fatti, conclusi. O quasi. Al momento del dunque, i personaggi in questione si son tirati indietro. Perché? Nessuno ce lo ha mai spiegato. Ma è alquanto irrisoria, invece, la facilità con cui i vari Ghirardi, Porcedda, Percassi e compagnia cantante riescano ad entrare nel sistema. Senza problemi, senza intoppi. In sostanza, la domanda è persino troppo semplice: c’è qualcuno (o qualcosa) di supremo che ‘impedisce’ di fatto l’ingresso di capitali stranieri, evitando dunque una scomoda concorrenza e mantenendo inalterata la gerarchia di poteri del calcio italiano? Non finiremo mai di porci tal quesito. Almeno finché qualcuno non si esporrà, fornendo una risposta credibile a chi da anni la attende.
Alessio Nardo