Non ha dubbi, Antonio Di Pietro, su come siano andate le vicende del ’92 in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino. I due eroi antimafia furono uccisi da uomini che erano dentro le istituzioni.
“Borsellino, così come Falcone e molti altri dopo di loro tra forze dell’ordine e fedeli servitori dello Stato – scrive sul blog il leader dell’Idv – furono uccisi da facce ancora senza volto che sappiamo essere oggi nelle istituzioni.
Celebrare questa giornata è un dovere morale per un Paese in cui la legalità sembra essersi dissolta nell’acido, ascoltando le sentenze e le testimonianze registrate nei processi degli ultimi anni”.
Durissimo l’attacco dell’ex pm di Mani Pulite alla classe politica italiana, ma non solo: “Un senatore della Repubblica che definisce veri pentiti due assassini come i fratelli Graviano , può bastare per farci capire chi siede oggi in Parlamento.
Dov’è la legalità? La legalità rappresenta ancora un valore per gli italiani?O è rimasto solo un gruppo di cosiddetti “manettari” a difenderla?
Se Borsellino fosse tra noi, oggi, avrebbe un gran da fare, forse. Certamente, però, sarebbe ancora vivo.
Nel XXI secolo la criminalità non ha più bisogno di uccidere, poiché elegge i suoi rappresentanti in Parlamento, li colloca nella magistratura, nelle Forze dell’Ordine, nell’imprenditoria.
E se Paolo fosse arrivato a scoprire realtà scomode, allora sarebbe stato semplicemente rimosso dall’incarico come è successo con de Magistris, Apicella, Forleo. Ma sarebbe ancora vivo”.
Oggi, scrive Di Pietro, i criminali vengono premiati con incarichi di prestigio, mentre chi si batte davvero per la legalità viene punito: “Borsellino è morto nel ’92 perché rappresentava gli italiani che non volevano trattare con la criminalità. Oggi essere un rappresentante della criminalità organizzata significa essere importanti e muovere le sorti del Paese. Oggi avere rapporti con la criminalità ti garantisce un posto in prima fila, un posto da senatore o addirittura da sottosegretario. Un posto al sole, insomma.
Oggi la criminalità è arrogantemente presente in ogni settore ed è la prima industria del Paese.
E’ presente più dello Stato tra la popolazione, offre lavoro, appalti, soldi e fortuna, e celebra anche lei la morte di Borsellino distruggendone le icone che lo ricordano.
Le sculture dei due giudici danneggiate a Palermo ricordano uno Stato contrapposto alle mafie, una contrapposizione superata dal dialogo e dalla collusione odierni”.
La morte di Borsellino è stata, per Di Pietro, la sconfitta di una intera nazione, la sconfitta di una idea alta di politica e società: “Se Paolo fosse riuscito a portare a termine il suo lavoro, tenendo lontano lo Stato dalle mafie, vivremmo in un’Italia diversa.
Borsellino aveva gli strumenti per cambiare le cose, e intorno a lui c’era una popolazione che lo sosteneva. Nel cuore dei cittadini lui era un eroe, mentre coloro che lo volevano ammazzare erano topi che si muovevano all’ombra delle fogne.
Oggi gli incontri tra politici e criminali avvengono alla luce del sole. I topi – dice il leader dell’Idv – sono usciti allo scoperto e sono entrati in Parlamento”.
Gianni Monaco