Cameron e Obama al loro primo incontro ufficiale

Prima visita alla Casa Bianca del nuovo premier britannico David Cameron. Gli incontri con il presidente USA Barack Obama sono iniziati questa mattina e rischiano di essere travolti dal manto nero che da troppo tempo imperversa nelle acque del Golfo del Messico. La controversia sulla situazione della British Petroleum rischia di mettere a dura prova i così tanto esaltati “rapporti speciali” tra le due nazioni. Cameron è andato negli USA per parlare con Obama dell’Afghanistan o del Medio Oriente, ma i circa quattro miliardi di dollari dei costi che la marea nera sta provocando, permetteranno a questo scottante tema che da tre mesi genera preoccupazione al mondo intero di rimbalzare al primo posto dell’agenda dei colloqui.

Il premier inglese David Cameron

A maggior ragione per le versioni contrastanti che arrivano dalla BP e dalla Casa Bianca. Per la prima i test per l’installazione del “tappo” sulla perdita stanno andando a gonfie vele. Per la seconda, come afferma il portavoce Robert Gibbs, pare ci sia una crepa molto ampia che provoca una perdita in cima al pozzo. Poco importa chi dei due ha ragione. Quell’oro nero che per molto tempo ha dato lavoro ai cittadini degli stati che si affacciano sul Golgo del Messico, Louisiana, Alabama, Mississipi e Florida, adesso sta pesantemente condizionando le loro economie e il loro ecosistema. Tanto che per Obama e i governatori locali si apre una fase di ripensamento della politica petrolifera USA, tanto decantata in campagna elettorale. Al centro dei colloqui anche il ruolo di BP nell’inquinamento. Obama è stato chiaro: “British Petroleum è responsabile dell’accaduto e pagherà tutti i danni“. Mentre Cameron difende la compagnia britannica.

Ma anche un altro fantasma si aggira tra i colloqui alla Casa Bianca, quello della strage di Lockerbie, del 21 dicembre 1988 e che fece circa 300 vittime. Cameron, infatti, incontrerà quattro senatori USA intenti ad esprimere la loro forte indignazione per il rilascio da parte della Gran Bretagna del libico Ali Mohmet al-Megrahi, avvenuta il 20 agosto 2009, in quanto al-Megrahi fu colpito da cancro. A muovere questa decisione, secondo i senatori USA, sarebbe stata la stessa BP: il rilascio del libico avrebbe favorito un accordo tra Libia e BP di ben 13 miliardi di sterline. Conferme arriverebbero anche dal figlio del generale Gheddafi, che afferma che il mancato rilascio del libico da parte della Gran Bretagna avrebbe comportato la perdita di molti affari in Libia per le aziende britanniche. Da parte sua, però, Cameron si è sempre mostrato contrario alla decisione di liberare al-Megrahi.

Augusto D’Amante