Fini conquista “le agende rosse”: Mangano non era un eroe

Il suo arrivo ieri sera a Palermo, dove ha partecipato alla cerimonia commemorativa in onore di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, non è stato facile. Gianfranco Fini è stato accolto da un coro di fischi levati dal popolo delle “agende rosse”, insofferente alla presenza di un pezzo di Stato ormai avvertito come corresponsabile del sacrificio del magistrato. Le contestazioni dei giovani non hanno però scoraggiato l’ex aennino che ha voluto affrontare i più arrabbiati, scambiando con loro considerazioni e giudizi.

“Non mi risulta ci siano state contestazioni – ha poi riferito Fini ai giornalisti – piuttosto mi sono fermato a parlare con dei ragazzi animati da una certa passione e da un grande desiderio di verità. Erano divisi, come è normale, tra chi apprezzava la presenza del presidente della Camera, anche perché credo di avere un percorso di coerenza contro la criminalità, e coloro che contestavano che all’interno dello Stato possono esserci presenze di tipo mafioso“.

Un atteggiamento lucido che ha permesso al presidente della Camera di avviare uno scambio di opinioni improntato sulla schiettezza: “Ho ricordato loro Leonardo Sciascia e il ‘professionismo del’antimafia’ – ha continuato Fini – ho dato pienamente ragione a quei ragazzi sul fatto che quest’anno è più importante essere impegnati perché per la prima volta quest’anno è a tutti chiaro che la strage di via D’Amelio non fu solo mafia”.

“Non si può essere professionisti dell’antimafia – ha insistito il cofondatore del Pdl – l’antimafia deve essere un atteggiamento quotidiano, morale, politico, economico. Tutto quello che è in potere per individuare eventuali collusioni e complicità è un dovere assoluto che va al di là di qualunque divisione politica”.

Considerazioni – quelle consegnate dal presidente di Montecitorio ai ragazzi di Palermo – che con ogni probabilità spargeranno nuovo sale sulle ferite aperte all’interno della maggioranza. “Mangano non può essere un eroe – ha quindi dichiarato Fini, sbugiardando il giudizio più volte ribadito dal senatore Dell’Utri – perché è un cittadino italiano condannato per mafia con sentenza definitiva. Gli eroi sono quelli che si sacrificano per lo Stato”. Parole che hanno suscitato piena approvazione e che hanno sciolto i fischi in scroscianti applausi.

Al corteo palermitano hanno partecipato anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, il senatore del Pdl Carlo Vizzini e il parlamentare siciliano Fabio Granata. Accanto a loro i familiari del magistrato ucciso 18 anni fa e una folla compatta di persone sempre più arrabbiate.

“Ci sono personaggi nelle istituzioni, negli alti vertici – ha osservato Rita Borsellino – che hanno perso il diritto di piangere e di commemorare Paolo. Trovo vergognosa questa conta che si fa ogni anno, c’erano non c’erano, quanti erano. L’indifferenza non si misura certo con i numeri delle persone che partecipano alle manifestazioni – ha aggiunto – oggi c’è la gente che sceglie di esserci”.

“La vera antimafia si fa ogni giorno senza stare attenti ai numeri  – ha rincarato la sorella del giudice ucciso – Non sopporto più i minuti di silenzio. Dobbiamo parlare, parlare, parlare. Vogliamo la verità, non le verità perché la verità è solo una. Questo è l’anniversario più difficile – ha precisato- ma anche il più bello, perché cominciamo ad avere brandelli di verità. Scopriamo che tutto quello che avevamo ipotizzato, immaginato, può avere un fondo di verità. Cominciamo a sentire profumo di verità – ha concluso – è la verità che ci rende liberi”.

Maria Saporito

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Siciliana di origine, romana d'azione, scrivo da anni occupandomi principalmente di politica e cronaca. Ho svolto attività di ufficio stampa per alcune compagnie teatrali e mi muovo con curiosità nel mondo della comunicazione. Insegnante precaria, sto frequentando un corso per insegnare italiano agli stranieri.