Quando la droga diventa un luogo comune

Cosa sapete dei tossicodipendenti sieropositivi? Ecco, molto probabilmente non è vero. A dircelo è la rivista scientifica americana Lancet che pubblica uno studio, presentato in questi giorni nel corso della diciottesima Conferenza Mondiale sull’AIDS, riguardante i luoghi comuni su questo tipo di soggetti.

Sono molti i falsi miti che gravitano attorno alla figura del consumatore abituale di droga, portatore del virus dell’HIV, primo fra tutti il fatto che i tossicodipendenti non seguirebbero le regole e i percorsi di cura. La ricerca ha invece dimostrato che il 90% di pazienti del campione, che facevano uso di stupefacenti, è rimasto all’interno degli specifici programmi di assistenza fino ad un massimo di 36 mesi. Percentuale non diversa da quella riscontrata tra le persone sieropositive non tossicodipendenti. E’ stata poi smentita la falsa immagine del tossicodipendente indifferente all’uso o meno di aghi puliti. si è anzi stabilito che in tutti i progetti dove sono a disposizione strumenti per la riduzione del danno, le nuove infezioni diminuiscono fortemente. E ancora, sono stati presentati dati concreti sull’efficacia  delle terapie metadoniche affiancate alle terapie con gli antiretrovirali.

Purtroppo però non solo buone notizie sono emerse dalla 6 giorni di incontri e convegni, a cui hanno preso parti gli esponenti di tutti i più importanti Paesi. Tra i temi trattati anche lo spinoso problema della discriminazione degli omosessuali nei Paesi poveri. Pare infatti che, nelle zone sottosviluppate, solo un omosessuale su cinque abbia accesso a progetti di prevenzione e di cura di cui avrebbe necessità. In più lo sconvolgente dato secondo cui in Africa, su 53 Nazioni, ben 38 portano avanti politiche omofobiche.

Da qui la voglia di un progetto, sostenuto dall’International Aids Society (IAS), che ponga fine a tutto ciò, portando al riconoscimento della piena legittimità dei comportamenti omosessuali non solo come diritto umano, ma anche e soprattutto come condizione necessaria per combattere il virus dell’Hiv, che tende a diffondersi più rapidamente laddove le comunità omosessuali sono costrette a nascondersi. Obbiettivo quindi dell’edizione della Conferenza di quest’anno, e di cui le due notizie qui riportate sono un chiaro esempio, è l’anteporre alla necessaria  fase di cura, un lavoro di integrazione dei soggetti interessati, fondamentale nell’innalzare i livelli di efficacia.

Di sicuro l’impatto dello studio di Lancet sarà molto forte sui progetti di ricerca. Di solito infatti, quando si procede con l’arruolamento dei pazienti, i tossicodipendenti risultano fortemente discriminati ed in alcune ricerche vengono addirittura esclusi a priori. Si sta perciò operando per arrivare ad una parità di trattamento dei malati di HIV. Affinché una stessa condizione, quella della malattia, preveda anche pari dignità.

Katiuscia Provenzani