“I principali indicatori economici evidenziano in modo netto la situazione decisamente negativa del sistema produttivo sardo, la cui crisi generale sta portando al collasso l’occupazione e la coesione sociale e territoriale dell’intera comunità regionale”. A denunciarlo sono i segretari regionali sardi di Cgil, Cisl e Uil, Michele Carrus, Giovanni Matta e Francesca Ticca.
Il documento unitario dei sindacati sulla situazione del sistema produttivo dell’isola mette l’accento, infatti, su un indice di povertà ulteriormente peggiorato, fino ad interessare circa 400mila persone, aggravato, inoltre, dal progressivo smantellamento del modello industriale, insediatosi in Sardegna sin dagli anni ’70. Cifre decisamente preoccupanti quelle rese note dai sindacati, se si pensa che gli occupati totali nel corso dell’ultimo anno sono diminuiti di 47 mila unità, passando da 627 mila del primo trimestre del 2009 ai 580 mila del primo trimestre 2010. Secondo l’indagine in questione, inoltre, la percentuale di disoccupazione è aumentata di 3 punti (16%), per 101mila disoccupati, mentre il tasso di occupazione è crollato in un anno di quasi 4 punti (dal 52% al 48,4%).
“Non meno preoccupanti – proseguono i sindacalisti sardi – risultano le caratteristiche dell’occupazione: mentre il settore dei servizi complessivamente inteso continua a crescere, passando dal 74,5% del 1° trimestre 2009 al 77,6% del primo trimestre 2010, denotano sostanziale stagnazione l’agricoltura, attorno al 5,5%, e l’edilizia, ferma al 10%, con il commercio che cala di quasi un punto percentuale dal 15% del 2009 al 14,1% del 2010, emblematica dimostrazione del negativo effetto sui consumi del calo dei redditi da lavoro; l’industria, invece, segna una nuova contrazione, passando dal 21,7% del 2009 al 19,9% del 2010”.
“Se allarghiamo l’ambito temporale di confronto e prendiamo a riferimento gli ultimi 6 anni – aggiungono i segretari -, l’industria ha avuto un crollo degli occupati di 6 punti dal 25,8% al 19,9%, l’agricoltura è diminuita dello 0,8%, l’edilizia di 2 punti netti, il commercio di 2 punti, mentre i servizi in senso generale sono cresciuti di 5 punti”.
Secondo Carrus, Matta e Ticca, la situazione attuale “è scaturita dal ritardo di sviluppo della Sardegna, le cui cause vanno ricondotte alla mancata soluzione dei nodi strutturali che condizionano pesantemente il sistema produttivo sardo e che non possono che enfatizzare gli effetti negativi della crisi globale”.

I sindacati stilano un elenco delle aziende in crisi: Ex Ila, meno 170 dipendenti in Cigs e procedura fallimentare in corso; Rockwool, meno 120 dipendenti, chiusa per il trasferimento degli impianti; Legler, meno 800 dipendenti in procedura Prodi-bis ancora senza concrete prospettive; Queen, meno 450 dipendenti in Cig o mobilità in deroga senza prospettive certe di ripresa; Plastwood, meno 180 dipendenti, cessata per procedura fallimentare; Keller, meno 350 dipendenti, in fase di difficoltà non solo congiunturale; Compau, meno 170 dipendenti, di cui 60 in Cig in deroga; Carbosulcis, meno 470 dipendenti in produzione, ma senza certezze per il futuro, che restano legate alla realizzazione del progetto integrato miniera-centrale; Vinyls, meno 150 addetti in Cigs da un anno, con il fermo dell’attività produttiva e l’azienda in gestione straordinaria; Azimut, l’abbandono del progetto di riconversione industriale ad Arbatax, che mortifica le aspettative per centinaia di lavoratori e per un intero territorio; il petrolchimico di Porto Torres fa segnare un segno negativo di 750 dipendenti; infine il sistema regionale delle piccole imprese, che nell’ultimo anno hanno collocato circa 10 mila lavoratori in Cig in deroga.
“Di fronte a tale situazione – spiegano i leaders sindacali – diventa urgente una politica industriale regionale in grado di arrestare il declino del sistema produttivo, con azioni volte a contenere l’emorragia di posti di lavoro, circa 14 mila occupati in meno nell’industria, cui se ne sommano oltre 8 mila in meno nell’edilizia, e nel contempo promuovere l’allargamento dell’attuale base produttiva”.
Per tutte queste ragioni, gli stessi sindacati hanno voluto inserire “quest’impegno nel Protocollo con la Regione del 4 giugno scorso, richiamando l’urgente necessità di ripristinare un tavolo nazionale per l’aggiornamento dell’Intesa Stato-Regione e per il varo di un nuovo grande Piano di Rinascita per la Sardegna. Il Verbale d’incontro di Palazzo Chigi tra Cgil Cisl Uil, associazioni imprenditoriali, Regione sarda e Governo del 10 luglio 2007 – osservano – costituisce una buona base per orientare il rilancio dell’economia regionale; per questo ritengono indifferibile la predisposizione di un valido Piano straordinario per il lavoro, soprattutto giovanile, e di valorizzazione delle risorse umane, dotando la regione, attraverso le opportune riforme, di adeguati strumenti attuativi per la loro realizzazione”. A tutto ciò, conclude la nota sindacale, “va richiamata l’attenzione del governo regionale che, pur condividendone l’importanza, finora non ha realizzato sostanziali passi avanti per mantenere gli impegni assunti”.
Mauro Sedda