Festival di Venezia 2010: Pupi Avati è fuori concorso ma svela retroscena

Pupi Avati

Come tutti gli anni, in occasione del Festival del Cinema di Venezia, non mancano momenti in cui l’italica “way of life” possa emergere. A farne le spese questa volta è Pupi Avati, decano del cinema italiano, considerato un grande maestro all’estero. Noi lo mettiamo fuori concorso. Si è presentato con la sua ultima opera: “Una sconfinata giovinezza” e per le arcane alchimie dei comitati di selezione si ritrova fuori concorso, con il contentino della prima serata che avrebbe dovuto ritirare su il suo spirito. Ma non è mancato il commento, da parte del regista:

“Dopo tanti anni di professione credevo di non meritare un trattamento così ambiguo e soprattutto non consono a chi si trova a dirigere uno dei festival più prestigiosi del mondo. Non potevo tenere solo per me il grande dolore che stiamo vivendo”. Ma non resiste, il suo animo artistico offeso urla troppo, a fare qualche allusione per indicare a noi che non siamo nelle sale interne delle decisioni, una via per comprendere ciò che accade: “Il mio film era stato dato tra i quattro in concorso, poi all’ultimo è spuntato il film di Celestini. Io non ho nulla contro quest’ultimo che non conosco. Sono invece deluso dalla direzione della Mostra. Riconosco al direttore il diritto di selezionare i film che ritiene più idonei, devo però aggiungere che da parte sua non c’è stato un atteggiamento di grande trasparenza. Ho scoperto infatti che il mio film è stato mostrato alla commissione quando ormai da quattro giorni i quattro autori avevano avuto la certezza di essere stati selezionati. Il mio film dunque era già fuori gioco”

Le allusioni si riferiscono ad uno dei quattro film italiani in gara: “La solitudine dei numeri primi” di Saverio Costanzo, “Noi credevamo” di Mario Martone, “La passione” di Carlo Mazzacurati, “La pecora nera”, opera prima di Ascanio Celestini appunto, film dal titolo che alle orecchie di Avati potrebbe suonare comico.

Marco Muller

Il direttore Marco Muller risponde alle accuse: “Per l’intenso Una sconfinata giovinezza, nuovo capitolo dell’avatiana ‘commedia umana’, ho proposto, dopo una serena discussione con il comitato di selezione e parlando col regista e i suoi partner di Rai Cinema, un galà fuori concorso. Siamo molto dispiaciuti della reazione del grande Pupi, uno dei cineasti italiani che da sempre amiamo”.

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Ascanio Celestini

Scavando un po’ nel curriculum nutrito di premi e riconoscimenti di Celestini, scopriamo che oltre ad una coproduzione con La Biennale di Venezia nel 2004 per lo spettacolo “Scemo di guerra, Roma, 4 giugno 1944”, non sembrano esserci altri “rapporti stretti” fra lui e l’organizzazione. Avati ha esagerato oppure i rapporti stretti sono invisibili? La commissione vorrà far largo ad una politica di spazio ai giovani meritevoli oppure c’è sotto qualcosa? Non sappiamo, ma forse ancora una volta l’Italia è riuscita a dipingere un tratto riconoscibile sulla grande tela dei suoi piccoli affari.

Luigi Pignalosa