Comunque la si voglia pensare, a Nichi Vendola va trasversalmente riconosciuto il merito di aver saputo introdurre nel logorato vocabolario della politica italiana formule e costrutti nuovi. “Poesia”, “connessione sentimentale”, “racconto”: sono solo alcune delle espressioni che il governatore della Puglia pronuncia nei suoi discorsi – mandando in cantina quel lessico abusato e spesso oscuro o ancor di più quei codici ripresi dagli spot televisivi – per inaugurare un nuovo modo di fare politica. Un modo che passa per parole gonfie di suggestione, ma anche di pragmatismo, capaci di incantare e di stimolare.
Dell‘auto-candidatura del presidente della Puglia per le elezioni del 2013 si è ampiamente parlato, così come della tiepida reazione che lo stesso Vendola ha incassato da parte di molti esponenti del centro-sinistra. Ad aprire ieri le braccia al leader di Sel ci ha pensato però Walter Veltroni che – discostandosi dalle rigidi posizioni assunte dalla nomenclatura del suo partito – ha “benedetto” la proposta del governatore pugliese. “Serve un’alternativa credibile alla crisi del centrodestra e del berlusconismo – ha detto l’ex segretario del Pd a margine di un dibattito promosso dalla sua Fondazione “Democratica” a Bertinoro – Il Partito democratico deve rinunciare all’ambizione di conquistare da solo la maggioranza e deve trovare qualcuno che lo porti al governo”.
E non esclude, l’ex sindaco di Roma, che quel qualcuno possa essere Nichi Vendola: “Ci conosciamo da tanti anni – ha ripreso Veltroni – abbiamo posizioni sulle quali convergiamo e altre sulle quali non convergiamo, ma come è naturale che sia. Sicuramente ha fatto bene il presidente della Regione Puglia e ha mostrato l‘autonomia che poi gli ha consentito di vincere le elezioni regionali”.
Un’apertura “eterodossa” rispetto alle cautele ostentate dalla dirigenza democratica che ha manifestato scarso entusiasmo per lo meno per la tempistica dell’annuncio vendoliano. Il presidente della Puglia, dal canto suo, continua la sua “cavalcata” politica, non facendo mistero della necessità di cementare rapporti strategici che possano fare la differenza alla vigilia delle elezioni: “L‘incontro con Veltroni – ha ammesso – non è mai un caso. Sono impegnato con lui, come sono impegnato in discussioni con tanti dirigenti del Pd. Quello che ci unisce è il cammino, la ricerca, l’idea che la politica è avere obiettivi. Mettere dentro uno zaino tanti libri, tanti racconti”.
Alla platea di Bertinoro il governatore della Puglia ha confidato il motivo della sua proposta: “Di mio – ha detto – anche per il disprezzo che ho per il potere e i suoi codici, volentieri a questa età me ne andrei in ferie, in vacanza a pregare, studiare, scrivere, viaggiare. Ma mi sento prigioniero di un dovere. La mia candidatura è l’ufficializzazione di una cosa che esiste nella società, di una domanda che c’è in giro. Potevo anche fuggire da questa domanda – ha proseguito Vendola – e non consentire a nessun idiota di dire ‘guarda che arrivista, guarda che matto’. Purtroppo ho una concezione antica della politica come espressione alta dei propri doveri morali”.
Dell’attuale situazione politica (con particolare riferimento all’attività della presunta loggia P3) ha abbozzato un quadro impietoso: “Dobbiamo indagare – ha tuonato – e non consentire oggi che questa sedimentazione di trame di squallore di Stato venga raccontata come l’epifania di un gruppo di vecchietti instabili mentalmente. L’Italia di oggi è la rappresentazione di una grande tragedia, è un Paese i cui vertici sono allegramente assediati da mafiosi, camorristi, massoni deviati, faccendieri, affaristi. In questo momento siamo in attesa di capire – ha continuato – quale sarà il prossimo scandalo”.
Un ultimo monito lo ha rivolto alla sinistra: “Il paese si avvita sulle proprie contraddizioni – ha ripreso il governatore della Puglia – ma le parole e gli atti del centrosinistra appaiono veramente inadeguati. Bisogna dire al ceto politico del centrosinistra che questo è il momento di mollare gli ormeggi. C’è chi preferisce talvolta perdere perché consente di continuare a vivere di rendita. Non è poesia: chi non ama questo genere – ha concluso Vendola – ha dimenticato che con la prosa cinica non si è andati da nessuna parte”.
Maria Saporito