ROMA (13 agosto 2010) – Il tema della legalità non è un’esclusiva del presidente della Camera e della sua nuova formazione politica. A sostenerlo è il presidente del Senato Renato Schifani in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
”’Per rispetto e garbo istituzionale – dice l’esponente del Pdl – non posso intervenire sui problemi del presidente della Camera”. Ma sulle scelte politiche compiute recentemente dall’ex presidente di Alleanza Nazionale il presidente del Senato dichiara: ”Fini, da cofondatore del Pdl non ha mai smesso di fare politica. E quando si fa politica ci si espone ad attacchi. Può succedere, e purtroppo è accaduto”. Schifani lancia una frecciata a Fini sul tema della legalità, impugnato dal leader di Futuro e Libertà per l’Italia nei suoi numerosi attacchi al premier, e aggiunge: ”Non può essere patrimonio esclusivo, appartiene a tutti”. Schifani ricorda che ”questo governo ha varato – con il voto dell’opposizione – leggi durissime per contrastare la criminalità, che sul campo ha riportato grandi successi nella lotta alle mafie e all’immigrazione clandestina. Ma questo governo ha sempre affermato il principio del garantismo, valore per noi fondante e non negoziabile. E sono rimasto colpito – rileva il presidente del Senato – quando, sul ‘caso Caliendo’, una parte dei parlamentari eletti con il Pdl, insieme a quelli dell’Udc, ha cambiato linea, sovvertendola per ragioni di opportunità politica. Eppure quando Italo Bocchino è stato indagato, e quando in precedenza fu indagato il vice ministro Ugo Martinat, gli esponenti di An non chiesero le loro dimissioni”.
”Entrambi – sottolinea Schifani – sono usciti a testa alta dalle indagini, ma non è questo il punto. Così come il punto non è chiedersi come mai i finiani – che sono una colonna portante della giunta siciliana – non hanno invocato le dimissioni di Raffaele Lombardo da governatore, sebbene indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. E il punto non è nemmeno chiedersi quale coerenza ci sia nell’Udc, se è vero che Pier Ferdinando Casini difese insieme a me – quando era sotto processo e non semplicemente indagato – l’allora presidente centrista della Regione Sicilia Totò Cuffaro, al quale mi lega un sincero rapporto umano, e che ricordo si dimise correttamente all’atto della condanna. Il punto – si chiede in conclusione Schifani – è un altro: dov’è finita la loro cultura garantista? Ecco cosa mi ha stupito, perchè quella cultura stabilisce che non possa esserci l’equazione tra un’indagine e una condanna politica, tranne nei casi di manifesta colpevolezza”.
Raffaele Emiliano