Droga: metanfetamine inquinano l’ambiente

Sembra che le droghe alla metanfetamina, oltre a provocare danni irreparabili al sistema nervoso centrale, siano anche responsabili dell’inquinamento ambientale. L’avvertimento giunge dagli scienziati del Centro di ricerca sulla contaminazione dell’ambiente dell’Università di Adelaide. Gli esperti hanno infatti analizzato il modo in cui le sostanze tossiche prodotte dalla fabbricazione di droghe come ice o speed si diffondono nell’ambiente. La conclusione alla quale sono giunti è che tali stupefacenti a base di metanfetamina possono contribuire ad innalzare il rischio di cancro ed altre forme di avvelenamento.

La ricerca ha dato dei risultati veramente interessanti. Si è scoperto infatti che i prodotti chimici usati nella preparazione della droga possono restare intrappolati nell’ambiente per diversi anni. Questo metterebbe a rischio la qualità dell’acqua e della fauna. I numeri della ricerca sembrano convincenti. Per ogni chilo di metanfetamine prodotte è stato calcolato che vengono generati oltre cinque kg di scarti tossici, vale a dire sostanze cancerogene come benzene, cloruro di metilene, tricloroetano e toluene.

E’ proprio  durante la fase di fabbricazione e lavorazione che le sostanze vengono liberate e disperse nell’ambiente circostante: ”I fabbricanti clandestini di droghe – affermano gli esperti – in genere lavano gli scarti tossici nelle condotte di scarico o le disperdono nell’ambiente. Allo stesso tempo i luoghi che usano come laboratorio, di solito case o appartamenti in affitto, possono restare contaminati da sostanze volatili, che mettono a rischio la salute dei successivi, ignari residenti”. Proprio per questo, secondo gli esperti, occorrerebbe informare i produttori ed i consumatori di metanfetamina circa i rischi legati a quella che non sembra affatto essere un’attività privata, in quanto mette a rischio la salute di ignari cittadini:  ”Poichè tale ciclo tossico dipende dalla domanda creata dai consumatori della droga, è necessaria una maggiore educazione pubblica sui danni collaterali di quella che molti considerano un’attività privata e relativamente innocua”.

Di Marcello Accanto